99-I SERVI INUTILI-Discepolato


I SERVI INUTILI Luca 17,6÷10

Un testo fuori indice.

Questo testo, sui generis, che non ha paralleli, ne si riferisce al contesto precedente, ne ha susseguenti similari, non trova un riscontro immediato e neppure ha una facile interpretazione.
Cerchiamo di capire comunque questo scrittore che si fa chiamare Luca e che trovandosi già nel tempo del dopo Gesù, scrive con la prospettiva di intravvedere i tempi che si allungano da un presunto ritorno imminente del Signore.
Cerca quindi di ricordare l’accaduto ma insegna e istruisce i discepoli per prepararli ad un ministero universale rivolto ad un pubblico di etnie diverse.  
Vuole rafforzare i discepoli nella fede, insegnando cosa significhi diventare discepolo di Gesù e come vivere la condizione di discepolo; perché è l’esigenza della propria conversione che si sposa ad un’etica forte, di sana fede, di trasformazione di vita, senza reticenze, ne dubbi.
Gesù è accompagnato da un gran numero di uomini e donne e i dodici pure.
La Parola e sopratutto la sua compassione per i poveri, i malati: mobilita costantemente questo grande afflusso di persone mentre i dodici si distinguono da esso.
Gesù conferisce proprio a loro il nome di Apostoli ed è a loro che è indirizzato questo testo.

                             

Seguaci di Cristo.

Luca li dipinge e li inserisce nei suoi scritti come rappresentanti un cerchio attorno al Maestro: destinati a perpetuare la sua azione dopo la sua dipartita. Testimoni di un tempo unico già concluso, il tempo di Cristo e quindi carichi di fatti e di parole importanti.
Luca, attraverso Gesù, usa con loro un linguaggio forte, univoco, senza condizione, per formarli nel tempo presente e in quello futuro.
Preponderante è l’enfasi che evidenzia la componente socio-economica: la felicità per i poveri mentre i ricchi malagevolmente entreranno nel regno del Padre.
Rinunciare a tutto, abbandonare i beni questa è la norma della sequela che per noi oggi può essere la conversione e la fede per l’attesa di un vero rovesciamento dei valori.


                             

"Così dunque ognun di voi che non rinunzi a tutto quello che ha, non può esser mio discepolo". Questa è la logica in cui si inserisce il nostro testo".
Così anche voi, quand'avrete fatto tutto ciò che v'è comandato, dite:
Noi siamo servi inutili; abbiamo fatto quel ch'eravamo in obbligo di fare.

Su queste frasi intransigenti, parole infallibili e incondizionate nasce la storia dei discepoli,
ma anche la nostra. La nostra fede e la nostra vita è provata qui, sul bianco e il nero del dubbio e della fede, sull'entrata della luce di Gesù che si è accesa, ma che si spegne e si accende nel buio della nostra imperfezione.
Perché dubitiamo? Perché non abbiamo almeno la fede di un granello di senape?


                         

Perché non riusciamo a fare pedissequamente quello che ci dice il maestro e Signore?
Perché questa Parola che è entrata, a volte è sottile e astratta impalpabile e sfuggente come il Vento che non riesci a tenere, e questa nostra insufficienza cocciuta di resistere alla luce ci rende capaci di contraddizioni e paure che portano a viltà inaudite: ho avuto paura e non ho trafficato il tuo talento, non ci siamo messi al servizio di Dio; oppure come Pietro che rinnega Gesù al canto del gallo. Ma anche a grandezze infinite: Tu sei il Cristo, il figlio dell’Iddio vivente,la sconvolgente rivelazione sempre di Pietro.
Siamo pronti però, ancora una volta, a commerciare con Dio dopo avere assaporato la salvezza e la sua potenza.


                              

"Ecco noi abbiamo abbandonato ogni cosa e ti abbiamo seguito, abbiamo fatto quello che ci hai comandato: che ci sarà dunque per noi?"
Il secondo fine dell’uomo sempre presente, la remunerazione che condiziona la vita, che vuole i posti migliori e privilegiati, che vuole raccomandazioni: faccio qual’cosa per essere più agiato degli altri, ricompensato per quello che ho fatto.
Con Dio non vale la nostra logica, è un Padrone che pretende dal servo ubbidienza all'operato da lui comandato, che deve essere disponibile ancora a servirlo senza essergli per questo obbligato e non vuole sentir discussione di meriti alcuno.
Padrone curioso però che saprà fare abbondare chi troverà a lavorare, chi nella vigna chi nella messe ed ha già stabilito che chi sarà trovato efficiente gli sarà donato ancora di più e sarà nell'abbondanza
Il servizio per questo deve essere disinteressato.
Infatti i servi chiamati a lavorare con questo Padrone, saranno poi chiamati figli e fratelli.


                            

Questo è quello che deve appagare colui che si fida di Dio e nessuno deve poter reclamare.
Credenti di oggi.
Noi credenti oggi siamo desiderosi di beni materiali, o ricerchiamo beni celesti fidandoci di Dio?
Occorre su questo una riflessione. Gesù ci invita a non considerare i beni sulla terra mentre vuole stimolarci a raggiungere ora e subito un servizio attivo, onesto e di qualità già predisposto mentalmente. Senza cercare da questo un guadagno immediato, ci invita a lasciare case, proprietà, denaro, carriera, potere: a non preoccuparsi eccessivamente della schiavitù ne della povertà, perché cose esteriori e secondarie.
L’apostolo Giovanni ci chiama a fare la volontà di Dio cercando di non amare le cose che sono nel mondo perché se uno ama il mondo, l’amore del Padre non è in lui.
Il mondo ci adesca con il nostro desiderio di possedere e con la superbia della vita che non giungono dal Padre e sono destinati a svanire, mentre chi si attiene alla Sua volontà rimane in eterno. Giovanni 2:15-17
Fare la volontà di colui che ci comanda ad eseguire un servizio personale di qualità, di fede, che bisogna confessare ed affermare senza orgoglio, senza vanto e senza richieste.


                           



Questo Padrone ci chiama a metterci a disposizione al suo servizio: al servizio di Dio, del Signore in ogni tempo e in ogni momento senza pretesa alcuna.
Chi allora può essere perfetto davanti all'Onnipotente visto che siamo imperfetti e che soltanto Gesù ha soddisfatto questa esigenza di servo completo di nulla mancante’
Un proverbio popolare afferma:
E’ lo sguardo del Padrone che tiene in piedi ed efficiente il servo.
Chi può aggiungere qual’cosa con le sue pretese, con le sue sollecitudini o con le sue opere alla sua persona , alla sua vita, alla sua salvezza se Dio non è con lui?
Liberi dal vincolo di essere perfetti e sempre efficienti dobbiamo però dimostrare la nostra responsabilità, nel mondo, nella città, non perché Dio è il nostro severo padrone, ma per noi stessi, per la coerenza, per la testimonianza, per l’educazione dei giovani, per i principi di uguaglianza e di giustizia. Contro la corruzione che c’è oggi nella società, nella politica, contro la prostituzione per favoreggiamenti, contro i favoritismi per i posti di lavoro e le tangenti per accaparrarsi forniture e progetti e ricavarne soldi, prestigio e potere.


                               


                               

Ancora Pietro apostolo ci esorta:
Perciò, fratelli, impegnatevi sempre di più a render sicura la vostra vocazione ed elezione; perché, così facendo, non inciamperete mai. In questo modo, infatti, vi sarà ampiamente concesso l'ingresso nel regno eterno del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo.
Per questo Dio ci ama: trasgressori, imperfetti come tutti, ma figli volenterosi che si impegnano per modificare questo mondo precario, questa visione distorta del progredire comune, senza pretendere per questo posti di privilegio o denari.

Lo sguardo di Dio per ognuno di noi è Gesù innalzato sul legno senza alcuna richiesta in abbandono totale.


                         
 
                                   


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