91-AMOS, Profeta del nostro tempo-Profeti e profezie
























AMOS 5, 20÷24—9÷14  UN PROFETA SEMPLICE

Comunità di impegno per la giustizia



Amos, uno dei 12 profeti minori: scritti facenti parte di raccolte e sotto-raccolte di materiali assiemati in un processo interpretativo dinamico dove l’intenzione teologica e varia. Questi testi però ci parlano chiaramente di un impegno per una giustizia sociale comunitaria per combattere la frode e la sopraffazione.

Amos, profeta situato nell’VIII secolo, ~752 a.C. propone una scrittura influenzata dalla imponente realtà dell’egemonia imperiale assira che minaccia, il Regno del Nord di Israele con Geroboamo II e il Regno del Sud di Giuda con Uzzia.



Governi di grande prosperità basati sul potere dei ricchi contro i poveri: soltanto le classi privilegiate usavano la moneta. La disparità sociale era diventata troppo elevata con una situazione così insostenibile che il profeta ne afferma l’illegalità e l’illegittimità e anticipa il futuro giudizio di Dio dal distruttore assiro.


  

Questi scritti collegano la minaccia assira al giudizio divino di Dio su i due regni, causa di degenerazioni interne: religiose, politiche, economiche; interpretate come ingiustizie e violenze verso il popolo e quindi disubbidienti al patto.
La capacità creativa della tradizione profetica collega la degradazione interna e la minaccia esterna alla accusa e condanna da parte dell’esigenza di Dio.
Modellata e redatta in modo programmatico sulla doppia affermazione di Dio:
il suo giudizio, che conduce Israele alla distruzione e all'esilio e la promessa che porta Israele verso un futuro diverso e non previsto.
Amos, originario di Giuda, opera nel regno del Nord di Israele: esprime una profonda critica alla società che è legata al patto con Dio e annuncia Il giorno del Signore, giudizio che verrà messo in atto.

Il Signore non tollera più la disubbidienza, e la disfatta di Israele è certa.



Leggendo ci troveremo ben oltre la persona di Amos, e del tempo dove visse.
La scrittura e redatta in modo che possa servire al Nord, quanto a Giuda, e soprattutto alle generazioni future… anche alla nostra: in sintonia con la grande visione di Dio che afferma la sua Sovranità su Gerusalemme ma anche su tutte le nazioni, passate presenti e future.
La promessa conclusiva, di speranza sopra al giudizio annunciato è il duplice schema della tradizione profetica.

La Sovranità di Dio forma il giudizio ma anche la speranza nella promessa e celebra il Signore come colui che non sarà addomesticato da alcuna politica, ideologia, presupposto intellettuale o governo. 



La salvezza, non è monopolio dei governanti, politici e religiosi di Israele che non possono rivendicare nessun privilegio, come Israele non lo può, ma si trova esposto come ogni altro popolo alla volontà di Dio. Questi scritti vogliono far capire a tutti, a tutte le fedi e a tutte le ideologie, che Dio sta con i meno abbienti, i sopraffatti, i discriminati, vede i bisogni di chi non ha un lavoro, ha fame ed è disperato.




















La conclusione del libro è sorprendente e rapida, afferma la promessa della restaurazione di tutto il popolo e di tutta la creazione nella giustizia e nella pace.


             












L’appello è un richiamo a cooperare insieme, sia ieri che oggi, per il futuro dei figli, ad una responsabilità comune contro finanziarie che impoveriscono i cittadini e che privano di una serie di diritti che soltanto i ricchi possono comprare: la salute, il lavoro, l’istruzione, la casa.
Osare a ostacolare falsità e menzogne perché non c’è parità e le manovre di questi ultimi governi, colpiscono ancora una volta i più deboli, i meno abbienti, i disoccupati: risparmia e salva i privilegi dei più forti, (banche, speculatori, caste, politica) e impone al mondo del lavoro, dell’artigianato e dei precari ancora sacrifici.




















Ventisette secoli fa, il profeta Amos, gridava lo sdegno di Dio contro la difesa dei privilegi del ceto sacerdotale e regale, che non si sottoponeva alla giustizia, come tutti gli altri, ma provocava lo sfruttamento economico dei più poveri, dei lavoranti, dei contadini: la classe politica di oggi fa la stessa cosa.





L’espressione di Amos, “in tempi come questi il saggio tace”, è una ironia verso coloro che non fanno nulla e prendono le parti a questa politica, che si stanno abituando a queste coercizioni, che pensano che tutto sia normale, e che non si può far nulla perché troppo forte è la sopraffazione, troppa è la spavalderia, la sicurezza del potere che proclama pseudo uguaglianza.













Amos supera la tentazione del silenzio perché sa che è il Signore che parla, mai a vuoto e lo appoggia e lo aiuta.

Anche noi dobbiamo superare le nostre perplessità e paure per continuare ad annunciare il Regno che viene con tutta la sua giustizia, uguaglianza e pace.  
Noi sappiamo come è andata a finire, al regno del Nord, a quello del Sud, e non vogliamo che questo accada anche al nostro paese, a nessun paese all'Europa, al mondo.







I segni dell’ingiustizia devono essere riconosciuti, come l’enorme minaccia rivolta alla vita da un sistema economico di parte e iniquo, protetto e difeso da un potere politico che proprio in questi tempi sta diventando più arrogante e aggressivo. Come arrogante e aggressiva è anche l'altra parte e i cittadini nel mezzo che subiscono violenze e uccisioni.
  

                   
Le chiese sono chiamate a unirsi per contrastare e fare resistenza ai poteri ingiusti e distruttivi del benessere, della serenità e dell’uguaglianza comuni e garantire una prospettiva diversa, soprattutto per gli oppressi, gli emarginati, i rifugiati.











Le comunità convertite e chiamate dalla liberazione del Regno della Speranza, contro una mentalità egoistica, sopraffattrice e prepotente, a fare la volontà di Dio, che si identifica nell'amore e nella fratellanza di comunità modificate e trasformatrici che praticano economie di solidarietà, di dialogo e di condivisione, perché di fronte alle potenze dominatrici e sfruttatrici di oggi ci siamo noi, con l’aiuto di Dio, cerchiamo di anticipare il suo Regno che si sta avvicinando, per fare oggi di questo stato, di quest'Europa, di questo mondo, un mondo migliore.




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