140-GIOBBE-PECCATO GRAZIA

 

Giobbe profeta

GIOBBE SETTIMA REPLICA 23,10-17a

PECCATO-GRAZIA

Ma la via ch'io batto egli la sa; se mi mettesse alla prova, ne uscirei come l'oro. Il mio piede ha seguito fedelmente le sue orme, mi son tenuto sulla sua via senza deviare; non mi sono scostato dai comandamenti delle sue labbra, ho riposto nel mio seno le parole della sua bocca. Ma la sua decisione è una; chi lo farà mutare? Quello che egli desidera, lo fa; egli seguirà quel che di me ha decretato; e di cose come queste ne ha molte in mente. Perciò nel suo cospetto io sono atterrito; quando ci penso, ho paura di lui. Iddio m'ha tolto il coraggio, l'Onnipotente mi ha spaventato.             Questo mi annienta:

Che tutti, Giudei e Greci, sono sotto il peccato, siccome è scritto: Non v'è alcun giusto, neppure uno. Romani 3,10-11                        Questa Parola annienta tutti!


Questi pochi versetti del libro di Giobbe mettono in evidenza il pensiero completo del libro. Libro ai margini del A.T., vicino al N.T. : il Vangelo di Cristo. Scrittura reiterata che riprende generi e modelli di linguaggio più antichi e li plasma in un’affermazione di fede distinta e armoniosa come una poesia. La teologia si rifà alle antiche ipotesi del patto e sapienziali, fa competizione con i pilastri fondamentali della fede di Israele. Rifiuta ogni facile spiegazione alle ardue teologie sulla fede e sull'etica nella vita.

E' conseguente al libro dei Salmi, e ne riprende i modi principali, le preghiere e i cantici lamentosi in dialoghi con la Divinità portandoli al massimo livello. Il lamentarsi: preghiera tipica di Israele, coinvolge i tre personaggi tipici; l'orante, la Divinità, e l’ostilità, persona o cosa. Dialogo chiaramente dibattuto che offre un disaccordo certo. Operazione scritturale notevole e raffinata, attuale in ogni contesto storico, ora appunto nel nostro. Animata forma alla spiegazione delle più complesse discussioni della fede che si adatta ai dubbi più forti della vita vissuta. Dibattiti e questioni già sperimentate nelle culture antiche del vicino Oriente e nei secoli dopo il Vangelo in Europa e in tutto l'occidente.
Opera poetica che affronta le più difficili questioni religiose: il pensiero umano sulla Divinità e il pensiero sul male che riguardano le più ermetiche e complesse questioni nel comportamento dell'esistenza e della fede. La condotta, la moralità, la fedeltà, l'etica, la cultura, il genere: come sono interpretate da Israele nella Torah, nel Deuteronomio, nella Sapienza e nei Proverbi: sono giuste o possono essere messe in dubbio? Si deve credere a questa autorità religiosa che spiega il divino?



Questi scritti sono lo scontro di Giobbe con il Dio della Parola e della Scrittura Ispirata dallo S.S..

Una serie di discorsi, un ciclo di scambio, poi la cruda realtà: Giobbe si lamenta per quello che Dio gli ha fatto nella vita e lo incolpa perché si sente giusto e ha ubbidito e ubbidisce alle sue prescrizioni, ma tuttavia soffre senza comprenderne la ragione. L’articolazione verte sull’insostenibile punto di incontro tra ubbidienza e sofferenza. Se sei disubbidiente: hai delle pene. Giobbe, nel sostenere la sua innocenza, vuole conoscere le ragioni del suo dolore, perché lo considera radicato nella colpa, considerata nella tradizione sapienziale del patto di Israele, che pensa non avere. Per la religione, il mondo governato da Dio è un mondo attendibile, dove l’ubbidienza è prosperità, e la disubbidienza produce avversità. Logica ineccepibile è che la sofferenza di Giobbe può essere soltanto radicata nella disubbidienza. Giobbe sostiene invece fermamente la sua integrità ma sa che Dio non cambierà la sua decisione: niente e nessuno lo fermerà.
La disputa riguarda perciò il confronto tra la sua integrità nella realtà vissuta e la volontà di Dio a non cambiare i suoi propositi verso Giobbe e il peccato.



Questa poesia è una meditazione sul dato di fatto che la saggezza umana di Giobbe o di altro umano non può penetrare il mistero della creazione del bene e del male che soltanto Dio ne conosce la verità profonda.

L’intenzionalità di Dio è al di sopra di ogni spiegazione o contestazione umana.
L‘esortazione degli scritti comunque è ancora che bisogna accettare l’insegnamento tradizionale ed evitare il male. Ecco temere il Signore, questa è saggezza, fuggire il male è intelligenza.
La soluzione è ubbidienza pratica davanti alla grandezza del Creatore, senza accesso al mistero che si cela dietro le Parole sapienziali del Dio Onnisciente.


La mirabile preghiera di Giobbe sul fatto che Dio conosce le sue vie, la sua innocenza di uomo che ha agito nelle migliori norme etiche. Affermazione di essere nel giusto e rifiuto della colpa, quella di cui sa che Dio non cambierà la sua opinione su lui e sugli uomini. Questo è causa della sua sofferenza. Giobbe ha la verità nel suo pensiero? E' l’uomo giusto, perfetto, puro che può sostenere di essere senza peccato e affronta il Dio del cielo con questa convinzione per trionfare su di Lui? In realtà Giobbe, ma ogni umano adotta un atteggiamento di sfida. Il poeta del libro mette in dubbio la condotta retta e pura di Giobbe, ma di ogni uomo o donna che si reputa eticamente perfetto/a

La disputa, tra Giobbe e L'Eterno, nome di Dio, con cui parla e lotta, è il Dio di Israele, l' Onnipotente, il vero Dio Creatore del cielo e della terra. Giobbe davanti al potere, al mistero, ha ben poco da dire. Ha paura ed ora è nella impossibilità, nell’incapacità di difendere la sua causa davanti al Dio Immanente. La personalità travolgente di Dio come Creatore sovrano, con un potere enorme e con una sensibilità artistica per la bellezza e la meraviglia delle creature e della natura, vanno oltre le lamentele di Giobbe. Le motivazioni, le richieste, le sofferenze: una disputa tra parti assolutamente diseguali. L'Assoluto e il relativo.
La controversia per il Dio Creatore è di nessuna importanza; la sofferenza, la colpa, l’innocenza non hanno alcun peso in confronto al mistero imperscrutabile dell'esistenza del Grande Architetto, della vita che ha creato, del cammino con Lui. Giobbe e le sue afflizioni sono ai margini di ciò che è rilevante dal punto di vista religioso della fede del suo credere.

I calcoli delle religioni, delle politiche e dei propositi umani hanno poco valore quando il mondo è governato da questo possente Creatore che conosce le vie della umanità che gli sono contrarie.


Giobbe riconosce l’imperscrutabile magnificenza del Esistente; ha paura e si adatta alla vita come creatura fiduciosa di Dio. Come una creatura davanti a Lui, un bimbo davanti alla Madre. La Parola Creatrice gli rivela il suo disegno e il significato di una giustizia che non è prigioniera di nessuna dottrina retributiva di qualsiasi Religione o Legge. Giobbe smette di lamentarsi, di essere triste e ringrazia, raggiungendo l'adorazione, il punto più alto contemplativo di Dio. Il parlare in questo modo con Lui, lo fa sentire più vicino. Il suo sentimento avverso e contrastante si lontana e si arrende con rinnovata fiducia: una fede non più solo sua, ma della Parola e dello Spirito che entrano in lui. Alla fine, creatura e Creatore sono uniti, legati continuativamente. Il contraddittorio poetico presenta un uomo che soltanto ora si sente integro e retto, non si trova più inchiodato nella collusione tra il bene e il male ma ristabilito, perdonato e salvato.

Ora, però, indipendentemente dalla legge, è stata manifestata una giustizia  di Dio, attestata dalla legge e dai profeti: vale a dire la giustizia di Dio mediante la fede in Gesù Cristo, per tutti i credenti; poiché non v'è distinzione, difatti, tutti hanno peccato e son privi della gloria di Dio, e son giustificati gratuitamente per la sua grazia, mediante la redenzione che è in Cristo Gesù, il quale Iddio ha prestabilito come propiziazione mediante la fede nel sangue d'esso, per dimostrare la sua giustizia, avendo Egli usato tolleranza verso i peccati commessi in passato, al tempo della sua divina pazienza; per dimostrare, dico, la sua giustizia nel tempo presente; onde Egli sia giusto e giustificante colui che ha fede in Gesù. Rom. 3, 21-26


La paura di Giobbe, di qualsiasi umano che si affida al Padre non è più. Diventa un Cristiano che è affermato da Gesù come colui che a differenza dell'umanità ha riconosciuto questa Parola di Dio e l'ha accolta come verità. Questo è il mio diletto Figliuolo nel quale mi sono compiaciuto. Giudizio divino sulla capitolazione di Gesù, che muore per salvare, e suggerisce che questo Dio è un Dio di amore e di perdono che trae soddisfazione dalla sua grazia verso tutti gli esseri umani che accolgono Gesù, Parola di Verità e di vita.

Non c'è soluzione più facile di questa che diventa una testimonianza della fede di Giobbe ma ora della fede del cristiano che ha sempre avuto una relazione con il Dio Creatore e che ammette soltanto questa soluzione pronta e confezionata: Gesù, ben preparato fin dalla fondazione del mondo: la croce, la morte. La fede in Gesù è al di là di ogni interpretazione religiosa, è un dono di Dio, un modo di vivere dignitoso che prospera sul candore del cuore: dammi il tuo cuore, ma che richiede un immenso coraggio. Una fede che si spinge ben oltre i compensi del 1° patto e le conseguenze della legge che derivano dalle azioni buone o cattive.
Nel 2° patto: una vita nuova di fede del tutto orientata con la nuova consapevolezza operata da Gesù che porta con se tracce persistenti della perdita: la vita alla croce, ma della nuova vita con Lui.

Il libro di Giobbe è un ampio dramma di immaginazione della vita con Dio che è ineluttabile e serve a coloro che vivono la vita in piena coscienza e la esternano con autenticità, perché la realtà della sofferenza non risparmia nessuno.

Appunto Gesù ha donato la sua sofferenza e la vita per risorgere a quella nuova per coloro che credono nella sua Parola e in Lui come Dio per lo S.S..
Facili spiegazioni della sofferenza come conseguenza della colpa, anche se ne vediamo gli effetti ogni giorno nel globo, non sono una risposta. Errori passati e presenti hanno modificato e modificano il cammino di una umanità che non riconosce il Creatore, ne la Parola spinta dal suo Spirito per il globo, ne ieri, ne oggi, ne le sue leggi della vita: per questo continua a produrre morte. La morte di Gesù, la sofferenza, la fede dei cristiani in Lui avrebbero dovuto cambiare le intenzioni, le condizioni in questa via umana. La stoltezza però è cancrena nel cuore. Perché l’impossibilità di dare una spiegazione alla cruda esistenza è una realtà umana immutabile, ora più che mai contemporanea. Soltanto la fede, la costanza in Gesù riesce ad affrontare i rischi di un legame con un Dio Creatore immenso nella gloria, che si è fatto carne per salvare la sua creatura; deduzione questa che a volte non da una facile soluzione, ne coraggio e conforto. La vita nuova con la fede però non si ferma davanti al dubbio, avanza avendo a fianco la Parola di Verità. Chi porta forza e aiuto è lo Spirito di Gesù che cerca di fare conoscere un Dio avvolto nella sua magnificenza e nel mistero, ma ora con la sua presenza costante tiene in allenamento la fede del credente.                            Sono con voi tutti i giorni sino alla fine dell'età presente.
Cercatemi!! Chi cerca trova; bussate alla mia porta e vi sarà aperto.

Questa sensibilità è fuori da ogni schema di retribuzione e dimostra un amore eterno, una grazia che è irresistibile. Gesù comunque è li nello spazio della gratuità, dove riceve tutti i suoi fratelli e sorelle, Primogenito lieto e accogliente. Tutti figli e figlie del Padre amoroso. Il Creatore non è prigioniero di nessun schema remunerativo di alcuna religione, ideologia o politica. Nessuna opera umana pur pregevole merita la grazia; se così fosse, non sarebbe più grazia. Questo è il cuore del messaggio del Vangelo.                      Dio è amore. Amatevi!!






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