135-IL SACRIFICIO D' ISACCO

 

Caravaggio

                   IL SACRIFICIO D' ISACCO Genesi 22,1-18

Dopo queste cose, avvenne che Iddio provò Abrahamo, e gli disse: 'Abrahamo!' Ed egli rispose: 'Eccomi'.

E Dio disse: 'Prendi ora il tuo figliuolo, il tuo unico, colui che ami, Isacco, e vattene nel paese di Moriah, e offrilo quivi in olocausto sopra uno dei monti che ti dirò'. E Abrahamo levatosi la mattina di buon'ora, mise il basto al suo asino, prese con sé due de' suoi servitori e Isacco suo figliuolo, spaccò delle legna per l'olocausto, poi partì per andare al luogo che Dio gli avea detto. Il terzo giorno, Abrahamo alzò gli occhi e vide da lontano il luogo. E Abrahamo disse ai suoi servitori: 'Rimanete qui con l'asino; io ed il ragazzo andremo fin colà e adoreremo; poi torneremo a voi'. E Abrahamo prese le legna per l'olocausto e le pose addosso a Isacco suo figliuolo; poi prese in mano sua il fuoco e il coltello, e tutti e due s'incamminarono assieme. E Isacco parlò ad Abrahamo suo padre e disse: 'Padre mio!' Abrahamo rispose: 'Eccomi qui, figlio mio'. E Isacco: 'Ecco il fuoco e le legna; ma dov'è l'agnello per l'olocausto?' Abrahamo rispose: 'Figliuol mio, Iddio se lo provvederà l'agnello per l'olocausto'. E camminarono ambedue assieme. E giunsero al luogo che Dio gli avea detto, e Abrahamo edificò quivi l'altare, e vi accomodò le legna; legò Isacco suo figliuolo, e lo mise sull'altare, sopra le legna. E Abrahamo stese la mano e prese il coltello per scannare il suo figliuolo. Ma l'angelo dell'Eterno gli gridò dal cielo e disse: 'Abrahamo, Abrahamo'.

E quegli rispose: 'Eccomi'. E l'angelo: 'Non metter la mano addosso al ragazzo, e non gli fare alcun male; poiché ora so che tu temi Iddio, giacché non m'hai rifiutato il tuo figliuolo, l'unico tuo'. E Abrahamo alzò gli occhi, guardò, ed ecco dietro a sé un montone, preso per le corna in un cespuglio. E Abrahamo andò, prese il montone, e l'offerse in olocausto invece del suo figliuolo. E Abrahamo pose nome a quel luogo Jehovah-jireh. Per questo si dice oggi: 'Al monte dell'Eterno, sarà provveduto'. L'angelo dell'Eterno chiamò dal cielo Abrahamo una seconda volta, e disse: 'Io giuro per me stesso, dice l'Eterno, che, siccome tu hai fatto questo e non m'hai rifiutato il tuo figliuolo, l'unico tuo, io certo ti benedirò e moltiplicherò la tua progenie come le stelle del cielo e come la rena ch'è sul lido del mare; e la tua progenie possederà la porta de' suoi nemici. E tutte le nazioni della terra saranno benedette nella tua progenie, perché tu hai ubbidito alla mia voce'.

Il racconto è una di quelle storie dell' A.T. che divide il credente da chi non sopporta la metafora nell'immagine di questa violenza e quindi la rifiuta: ma?

Ci sono varie interpretazioni: religiosi, esegeti, filosofi, pittori. Secondo me, questa storia parla della fede in generale; del Dio che si rivela veramente all'uomo ma che richiede una fede forte aldilà dei limiti comprensibili. La religione monoteista: credere in un unico Dio, Creatore dell'universo e Padre di ogni essere umano, é nata dalla fede di Abramo, Isacco e Giacobbe e accomuna soprattutto ebrei e mussulmani come figli di uno stesso Padre, quindi fratelli e sorelle, e così i cristiani e tutta l'umanità.

Abramo è il padre di Isacco ma anche di Ismaele che nel corano sostituisce perfettamente il fratello Isacco in un medesimo racconto.
Due figli attesi spasmodicamente, arrivati in vecchiaia dove l' Onnipotente realizza l'impossibile con Sara e con lo stesso Abramo (90 e 100 anni).
Dunque, da una sola coppia, donna senza piu ciclo mensile e uomo già svigorito, è nata una discendenza numerosa come le stelle del cielo, come la sabbia lungo la riva del mare che non si può contare. Ebrei 11,13



Il racconto ci parla della grandezza del Creatore e del modo in cui Abramo lo conosce e ci prospetta la visione che dobbiamo guardare per conoscerlo meglio e per farci indicare il suo progetto e la vera sua immagine.

Dio ci mette alla prova non prima però di averci comunicato le sue meravigliose intenzioni come è stato per Abramo.
La nostra fede, la nostra relazione con Lui: il Dio d'amore, ora ci presenta un dramma di violenza impropria e sconosciuta. La morte di un figlio, quella di tanti figli di città intere e quella del suo unico figlio Gesù: l'Emanuele, luce degli uomini.

A noi la risposta, la decisione, il percorso?

Dio però si avvicina e si unisce alla sua creatura, perché non la vede in grado di dominare queste forze minacciose: non sempre e non da chiunque!
Storia questa che osa spingersi in una zona, ombrosa, poco chiara, per dimostrare l'amore e la potenza di Dio e i punti deboli dell'uomo, ma anche dell'umanità e le infiltrazioni del male e dei malvagi che provocano violenza e morte.
Il problema violenza è molto legato alla nostra natura, agli aspetti ancestrali, culturali, alle relazioni dei popoli, al razzismo, alle discriminazioni, alle prepotenze e molto al vissuto personale.

Sembra impossibile fermare e sconfiggere queste forze che sconfinano nella storia e nella vita rovinosamente: le guerre, gli eccidi, il fanatismo; ne vediamo l'opera ogni momento, in ogni quotidiano che leggiamo o telegiornale che ascoltiamo.
La voce dell'Esistente dice: l'egoismo, la violenza, il peccato, sta spiandoti alla porta , e i suoi desideri sono rivolti contro di te; tu dominalo!
L'Eterno intende mostrarci che l'impulso violento fa parte della natura umana decaduta: esiste anche tra padre e figlio; tra fratelli figli dello stesso padre, come sta succedendo ai nostri giorni: protestanti contro cattolici, cattolici contro ortodossi, islamici fanatici contro i fratelli cristiani. Impulso che non è incrollabile, ma gestibile, perché nessuno: uomo o donna è nato per fare violenza e uccidere, ne per essere ucciso.

Tornando al nostro racconto; Abramo sa, che il Signore gli ha parlato, sa dell'esistenza di una prospettiva sempre positiva in Dio e dell'esercizio di una scelta di fede, qualunque essa sia: «Va' via dal tuo paese, ( un imperativo: Parola che entra dentro di lui) dai tuoi parenti e dalla casa di tuo padre, e va' nel paese che io ti mostrerò; io farò di te una grande nazione, ti benedirò e renderò grande il tuo nome e tu sarai fonte di benedizione. Benedirò quelli che ti benediranno e maledirò chi ti maledirà, e in te saranno benedette tutte le famiglie della terra».                                                                            Per fede Abraamo, quando fu chiamato, ubbidì, per andarsene in un luogo che egli doveva ricevere in eredità; e partì senza sapere dove andava. Ebrei11,9

Abramo ha un rapporto personale con Dio.                                  Un rapporto, visto che è considerato il nostro capostipite, paragonato a quello di tutti i credenti di ieri e di oggi, ebrei, cristiani e musulmani come dicevo.

Abramo viene ricordato come il padre della fede, non perché incarna una fiducia sempre pronta e arrendevole, non perché è innocente e perfetto, ma perché accetta di mettersi in cammino con Dio, è disponibile verso di Lui.
Nel nostro racconto viene chiamato a mettersi in viaggio per andare a sacrificare suo figlio al Dio che gli ha promesso da questo suo figlio una grande discendenza.

Che relazione c'è tra queste due situazioni, queste due chiamate?
Nei suoi viaggi e nei comportamenti, non sempre corretti come sappiamo, dove non sembra sempre essere troppo sicuro; ma nei suoi pensieri o sogni, nel suo cuore anche se vulnerabile, ha la concretezza che Dio è sempre al suo fianco.
Abramo ricorda, dobbiamo ricordarci, che quello che importa è ciò che Dio è: molto più di ciò che lui può pensare, che noi pensiamo di Dio.
Questo valore della fede non si può contrattare perché l'amore di Dio ci costringe e chi ha avuto a che fare con Lui non può non fare altrimenti.
Noi Metodisti la chiamiamo radicalità evangelica, che ci forma nella responsabilità su un patto che Dio ha fatto prima di tutto con se stesso e che ci ha offerto per una vita in cui ognuno fa le proprie scelte e che nessuna nostra condotta etica ci può allontanare o può annullare la grazia della Sua misericordia.

Ma la radicalità dell'annuncio di Dio che benedice e promette grandi cose future a tutte le generazioni che in Lui si rispecchiano: e l'annuncio dell'Onnisciente che chiede ad Abramo, ma appunto a se stesso di sacrificare quel figlio, in cui queste promesse sono racchiuse, quel figlio pronto per essere ucciso, che si chiede dov'è l'agnello per l'olocausto?
Qui è la radicalità della fede di Abramo e quella di Gesù, nella risposta: 
se non il verificarsi ancora di nuove esperienze, nuovi sviluppi, un nuovo rapporto con Dio stesso; il suo cambiamento, la ricerca non soltanto interiore e spirituale, ma il cammino pratico con Dio nelle realtà diverse che incontrerà ancora nella vita; ricordiamoci ha circa 112 anni. L'incontro della violenza è concreto. Percorso di vita inevitabile, che, anche quando sembra avere esiti dolorosissimi, Abramo sa che il Dio che conosce è aldilà di tutto: bene o male di cui possa essere causa.

Iddio se lo provvederà.

Padre nelle tue mani rimetto lo spirito mio.

Risposta, non sua, ma della Parola di Dio stesso in lui.

La risposta di ogni credente aldilà del suo stato, santo o peccatore, religioso o no, questa è la risposta che deve essere data:                      Dio provvederà.

La nostra tentazione, credo, continuando ad essere immersi nel mondo dove così facilmente il peccato ci avvolge, è non saper custodire la Parola dentro. Dobbiamo invece essere gelosi custodi della radicale differenza che Dio ci ha immesso attraverso questi nostri predecessori esempi di estrema fede che non viene da loro o da noi: ma dalla Parola di Dio.

L'episodio della legatura di Isacco, senza colpa, ma anche senza conoscenza del Dio di suo padre, almeno fino ad ora; una conoscenza solo tramandata e non anche sperimentata: non radicata. Da questo momento in poi comincerà ad averla chiara e vera anche per se stesso.

La Parola per appunto fatta carne chiama anche noi a credere nella fedeltà di Dio, nel suo patto d'amore, anche quando la nostra strada può essere dominata dalla disubbidienza, ribellione e violenza sia attiva che passiva.
Ci chiama ad insegnare e a far vedere ai nostri figli, alla città, alle nazioni la realtà di un Dio di tenerezza e di provvidenza per sperare in lui concretamente.

Mentre in Isacco troviamo noi stessi legati ancora a quei sentimenti di ricerca dell'altare, dell'agnello, della religiosità sofferente, per lenire i mali nostri e del mondo: i dolori, le perdite, le separazioni, le violenze, le morti e le tentazioni.
Nodi, che ci impediscono di vedere Dio come egli è: lento all'ira e di grande benignità che provvederà alla nostra salvezza.
Dobbiamo fare esame della nostra fede, del cammino e della vita!
Credere nella fedeltà di Dio, del suo patto d'amore, personale e con l'umanità anche quando stiamo per fare o subire violenza.

Essere sciolti dai lacci o dalle bende, vuol dire imparare ad attendere Dio e lasciare lo spazio alla sua Parola di grazia e di amore, che entra nella nostra fede per poter agire con noi.

 

                                                                  Storia che ci interessa tutte e tutti come eredi e nel contempo unici e uniche, perché l'amore di Dio è giustizia, fedeltà, promesse e liberazione.                                                                                            La vita, come la fede è un dono, come un cammino sempre a rischio: ma mai demolita completamente; non è senza indecisioni, rischi, pericoli, dubbi e tentazioni: ma mai annichilita.

Abramo accetta di mettersi in cammino con Dio, nonostante le sue imperfezioni.
E' chiamato a cambiare la qualità del suo cammino, non più pensieri infantili di un dio come in Isacco fanciullo (la religiosità), ma pensieri e sogni da uomo di Dio pienamente formato, come il credente.
Il credente come il patriarca deve continuamente scorgere i segni della presenza di Dio: Può essere un montone o la terra che Dio gli ha promesso o il Regno promesso. Non conosce il percorso, non possiede la mappa sul telefonino, non è un viaggio organizzato dalle Agenzie con una meta conosciuta: ha fiducia nel Dio dell'impossibile.

Abramo rappresenta il credente pellegrino, con una prima promessa la nascita di Isacco che viene compiuta dopo 100 anni e poi questa storia come rinascita del figlio promesso, e ancora deve compiersi il tutto. Abramo sa attendere e attende ancora la promessa sulle nazioni.
Similitudine col Figlio di Dio che nasce e risorge per tutti i credenti e per i popoli. Sono, saranno 10, 1.000, 10.000 anni di attesa per uno, per tutti? Noi sappiamo attendere? L'umanità sa attendere?            Per l'Eterno un giorno sono come 1.000 anni.

Un'avventura di fede, di salvezza, dove non ci sono percorsi stabiliti, ma soltanto la certezza del cammino con la sua Parola: la Destra, la Potenza di Dio, la luce delle nazioni.
Dio stesso cammina e si muove nella storia con sofferenza: la croce; poi con fatica, con angoscia, tra gli ostacoli della cocciutaggine umana; tra gli ultimi, i derelitti, gli immigrati, i disperati in questo mondo violento... e ancora sta camminando.
Cercando di procedere insieme, inciampando e rialzandoci ogni volta, per raggiungere quella Terra, quel Regno che è stato promesso alla fine, al termine di ogni cammino e poi quello di tutti: chiese, popoli, lingue e nazioni.




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