135-IL SACRIFICIO D' ISACCO
Dopo queste cose, avvenne che Iddio provò Abrahamo, e gli disse: 'Abrahamo!' Ed egli rispose: 'Eccomi'.
E Dio disse: 'Prendi ora il tuo figliuolo, il tuo unico, colui che ami, Isacco, e vattene nel paese di Moriah, e offrilo quivi in olocausto sopra uno dei monti che ti dirò'. E Abrahamo levatosi la mattina di buon'ora, mise il basto al suo asino, prese con sé due de' suoi servitori e Isacco suo figliuolo, spaccò delle legna per l'olocausto, poi partì per andare al luogo che Dio gli avea detto. Il terzo giorno, Abrahamo alzò gli occhi e vide da lontano il luogo. E Abrahamo disse ai suoi servitori: 'Rimanete qui con l'asino; io ed il ragazzo andremo fin colà e adoreremo; poi torneremo a voi'. E Abrahamo prese le legna per l'olocausto e le pose addosso a Isacco suo figliuolo; poi prese in mano sua il fuoco e il coltello, e tutti e due s'incamminarono assieme. E Isacco parlò ad Abrahamo suo padre e disse: 'Padre mio!' Abrahamo rispose: 'Eccomi qui, figlio mio'. E Isacco: 'Ecco il fuoco e le legna; ma dov'è l'agnello per l'olocausto?' Abrahamo rispose: 'Figliuol mio, Iddio se lo provvederà l'agnello per l'olocausto'. E camminarono ambedue assieme. E giunsero al luogo che Dio gli avea detto, e Abrahamo edificò quivi l'altare, e vi accomodò le legna; legò Isacco suo figliuolo, e lo mise sull'altare, sopra le legna. E Abrahamo stese la mano e prese il coltello per scannare il suo figliuolo. Ma l'angelo dell'Eterno gli gridò dal cielo e disse: 'Abrahamo, Abrahamo'.
E quegli rispose: 'Eccomi'. E l'angelo: 'Non metter la mano addosso al ragazzo, e non gli fare alcun male; poiché ora so che tu temi Iddio, giacché non m'hai rifiutato il tuo figliuolo, l'unico tuo'. E Abrahamo alzò gli occhi, guardò, ed ecco dietro a sé un montone, preso per le corna in un cespuglio. E Abrahamo andò, prese il montone, e l'offerse in olocausto invece del suo figliuolo. E Abrahamo pose nome a quel luogo Jehovah-jireh. Per questo si dice oggi: 'Al monte dell'Eterno, sarà provveduto'. L'angelo dell'Eterno chiamò dal cielo Abrahamo una seconda volta, e disse: 'Io giuro per me stesso, dice l'Eterno, che, siccome tu hai fatto questo e non m'hai rifiutato il tuo figliuolo, l'unico tuo, io certo ti benedirò e moltiplicherò la tua progenie come le stelle del cielo e come la rena ch'è sul lido del mare; e la tua progenie possederà la porta de' suoi nemici. E tutte le nazioni della terra saranno benedette nella tua progenie, perché tu hai ubbidito alla mia voce'.
Il racconto è una di quelle storie dell' A.T. che divide il credente da chi non sopporta la metafora nell'immagine di questa violenza e quindi la rifiuta: ma?
Ci sono varie interpretazioni: religiosi, esegeti, filosofi, pittori. Secondo me, questa storia parla della fede in generale; del Dio che si rivela veramente all'uomo ma che richiede una fede forte aldilà dei limiti comprensibili. La religione monoteista: credere in un unico Dio, Creatore dell'universo e Padre di ogni essere umano, é nata dalla fede di Abramo, Isacco e Giacobbe e accomuna soprattutto ebrei e mussulmani come figli di uno stesso Padre, quindi fratelli e sorelle, e così i cristiani e tutta l'umanità.
Abramo
è il padre di Isacco ma anche di Ismaele che nel corano sostituisce
perfettamente il fratello Isacco in un medesimo racconto.
Due
figli attesi spasmodicamente, arrivati in vecchiaia dove l'
Onnipotente realizza l'impossibile con Sara e con lo stesso Abramo
(90 e 100 anni).
Dunque,
da una sola coppia, donna senza piu ciclo mensile e uomo già
svigorito, è nata una discendenza numerosa come le stelle del
cielo, come la sabbia lungo la riva del mare che non si può contare.
Ebrei 11,13
Il racconto ci parla della grandezza del Creatore e del modo in cui Abramo lo conosce e ci prospetta la visione che dobbiamo guardare per conoscerlo meglio e per farci indicare il suo progetto e la vera sua immagine.
Dio
ci mette alla prova non prima però di averci comunicato le sue
meravigliose intenzioni come è stato per Abramo.
La
nostra fede, la nostra relazione con Lui: il Dio d'amore, ora ci
presenta un dramma di violenza impropria e sconosciuta. La
morte di un figlio, quella di tanti figli di città intere e quella
del suo unico figlio Gesù: l'Emanuele, luce degli uomini.
A noi la risposta, la decisione, il percorso?
Dio
però si avvicina e si unisce alla sua creatura, perché non la vede
in grado di dominare queste forze minacciose: non sempre e non da
chiunque!
Storia
questa che osa spingersi in una zona, ombrosa, poco chiara, per
dimostrare l'amore e la potenza di Dio e i punti deboli dell'uomo, ma
anche dell'umanità e le infiltrazioni del male e dei malvagi che
provocano violenza e morte.
Il
problema violenza è molto legato alla nostra natura, agli aspetti
ancestrali, culturali, alle relazioni dei popoli, al razzismo, alle
discriminazioni, alle prepotenze e molto al vissuto personale.
Sembra
impossibile fermare e sconfiggere queste forze che sconfinano nella
storia e nella vita rovinosamente: le guerre, gli eccidi, il
fanatismo; ne vediamo l'opera ogni momento, in ogni quotidiano che
leggiamo o telegiornale che ascoltiamo.
La
voce dell'Esistente dice: l'egoismo,
la violenza, il peccato, sta spiandoti alla porta , e i
suoi desideri sono rivolti contro di te; tu dominalo!
L'Eterno
intende mostrarci che l'impulso violento fa parte della natura
umana decaduta: esiste anche tra padre e figlio; tra fratelli figli
dello stesso padre, come sta succedendo ai nostri giorni:
protestanti contro cattolici, cattolici contro ortodossi, islamici
fanatici contro i fratelli cristiani. Impulso che non è
incrollabile, ma gestibile, perché nessuno: uomo o donna è nato per
fare violenza e uccidere, ne per essere ucciso.
Tornando al nostro racconto; Abramo sa, che il Signore gli ha parlato, sa dell'esistenza di una prospettiva sempre positiva in Dio e dell'esercizio di una scelta di fede, qualunque essa sia: «Va' via dal tuo paese, ( un imperativo: Parola che entra dentro di lui) dai tuoi parenti e dalla casa di tuo padre, e va' nel paese che io ti mostrerò; io farò di te una grande nazione, ti benedirò e renderò grande il tuo nome e tu sarai fonte di benedizione. Benedirò quelli che ti benediranno e maledirò chi ti maledirà, e in te saranno benedette tutte le famiglie della terra». Per fede Abraamo, quando fu chiamato, ubbidì, per andarsene in un luogo che egli doveva ricevere in eredità; e partì senza sapere dove andava. Ebrei11,9
Abramo
ha un rapporto personale con Dio. Un
rapporto, visto che è considerato il nostro capostipite, paragonato
a quello di tutti i credenti di ieri e di oggi, ebrei, cristiani e
musulmani come dicevo.
Abramo
viene ricordato come il padre della fede, non perché incarna una
fiducia sempre pronta e arrendevole, non perché è innocente e
perfetto, ma perché accetta di mettersi in cammino con Dio, è
disponibile verso di Lui.
Nel
nostro racconto viene chiamato a mettersi in viaggio per andare a
sacrificare suo figlio al Dio che gli ha promesso da questo suo
figlio una grande discendenza.
Che
relazione c'è tra queste due situazioni, queste due chiamate?
Nei
suoi viaggi e nei comportamenti, non sempre corretti come sappiamo,
dove non
sembra sempre essere troppo sicuro; ma
nei suoi pensieri o sogni, nel suo cuore anche se vulnerabile, ha la
concretezza che Dio è sempre al suo fianco.
Abramo
ricorda, dobbiamo ricordarci, che quello che importa è ciò che Dio
è: molto più di ciò che lui può pensare, che noi pensiamo di Dio.
Questo
valore della fede non si può contrattare perché l'amore di Dio ci
costringe e chi ha avuto a che fare con Lui non può non fare
altrimenti.
Noi
Metodisti la chiamiamo radicalità
evangelica, che ci forma nella
responsabilità su un patto che Dio ha fatto prima di tutto con se
stesso e che ci ha offerto per una vita in cui ognuno fa le proprie
scelte e che nessuna nostra condotta etica ci può allontanare o può
annullare la grazia della Sua misericordia.
Ma
la radicalità
dell'annuncio di Dio che benedice e promette grandi cose future a
tutte le generazioni che in Lui si rispecchiano: e l'annuncio
dell'Onnisciente che chiede ad Abramo, ma appunto a se stesso di
sacrificare quel figlio, in cui queste promesse sono racchiuse, quel
figlio pronto per essere ucciso, che si chiede dov'è
l'agnello per l'olocausto?
Qui
è la radicalità della fede di Abramo e quella di Gesù, nella
risposta: se
non il verificarsi ancora di nuove esperienze, nuovi sviluppi, un
nuovo rapporto con Dio stesso; il suo cambiamento, la ricerca non
soltanto interiore e spirituale, ma il cammino pratico con Dio nelle
realtà diverse che incontrerà ancora nella vita; ricordiamoci ha
circa 112 anni. L'incontro della violenza è concreto. Percorso di
vita inevitabile, che, anche quando sembra avere esiti dolorosissimi,
Abramo sa che il Dio che conosce è aldilà di tutto: bene o male di
cui possa essere causa.
Iddio se lo provvederà.
Padre nelle tue mani rimetto lo spirito mio.
Risposta, non sua, ma della Parola di Dio stesso in lui.
La risposta di ogni credente aldilà del suo stato, santo o peccatore, religioso o no, questa è la risposta che deve essere data: Dio provvederà.
La nostra tentazione, credo, continuando ad essere immersi nel mondo dove così facilmente il peccato ci avvolge, è non saper custodire la Parola dentro. Dobbiamo invece essere gelosi custodi della radicale differenza che Dio ci ha immesso attraverso questi nostri predecessori esempi di estrema fede che non viene da loro o da noi: ma dalla Parola di Dio.
L'episodio della legatura di Isacco, senza colpa, ma anche senza conoscenza del Dio di suo padre, almeno fino ad ora; una conoscenza solo tramandata e non anche sperimentata: non radicata. Da questo momento in poi comincerà ad averla chiara e vera anche per se stesso.
La
Parola per appunto fatta carne chiama anche noi a credere nella
fedeltà di Dio, nel suo patto d'amore, anche quando la nostra strada
può essere dominata dalla disubbidienza, ribellione e violenza sia
attiva che passiva.
Ci
chiama ad insegnare e a far vedere ai nostri figli, alla città, alle
nazioni la realtà di un Dio di tenerezza e di provvidenza per
sperare in lui concretamente.
Mentre
in Isacco troviamo noi stessi legati ancora a quei sentimenti di
ricerca dell'altare, dell'agnello, della religiosità sofferente, per
lenire i mali nostri e del mondo: i dolori, le perdite, le
separazioni, le violenze, le morti e le tentazioni.
Nodi,
che ci impediscono di vedere Dio come egli è: lento all'ira e di
grande benignità che provvederà alla nostra salvezza.
Dobbiamo
fare esame della nostra fede, del cammino e della vita!
Credere
nella fedeltà di Dio, del suo patto d'amore, personale e con
l'umanità anche quando stiamo per fare o subire violenza.
Essere sciolti dai lacci o dalle bende, vuol dire imparare ad attendere Dio e lasciare lo spazio alla sua Parola di grazia e di amore, che entra nella nostra fede per poter agire con noi.

Storia che ci interessa tutte e tutti come eredi e nel contempo unici e uniche, perché l'amore di Dio è giustizia, fedeltà, promesse e liberazione. La vita, come la fede è un dono, come un cammino sempre a rischio: ma mai demolita completamente; non è senza indecisioni, rischi, pericoli, dubbi e tentazioni: ma mai annichilita.
Commenti
Posta un commento