74-LA FONTE, LA PAROLA- La Chiesa

Una mia parabola.

LA FONTE



Questo mistero è grande; dico questo riguardo a Cristo e alla chiesa.”
Efesini 5:32

Un ricco Signore abitava in un paesino di media montagna, in prossimità di un passo, un valico molto noto.
Da questa sommità, si godeva un panorama d’indicibile e meravigliosa bellezza sulla valle sottostante.
Il paese comunque non era molto distante da questo passaggio.


                   SASALBO, il paese a cui mi sono ispirato                                
Alcune ore di marcia a piedi, equipaggiati d’acqua di ristoro per la salita, si raggiungeva il “Passo della vita”
Ogni persona giunta la, poteva ammirare il panorama e rimanere appagata e soddisfatta della sublime visione per poi ritornare da dove era venuta, e rituffarsi nella quotidianità con una carica maggiore e una speranza di vivere una vita più sicura.
Gli abitanti del paese, poiché erano i più vicini, potevano andare e tornare a loro piacimento.



Questo ricco Signore praticamente era il padrone di tutto il paese e del territorio circostante.
Gli abitanti lavoravano per lui, ed erano al suo servizio dal più umile al più importante, dal più grande al più piccolo.
Tutta la comunità composta d’uomini, donne e bambini sapeva di non possedere nulla, ma del resto a loro nulla mancava.
Tutti erano abbondantemente nutriti, potevano gustare la coltivazione, i frutti naturali della terra e i prodotti degli animali domestici. Latte e miele in abbondanza, frumento e frutta ad ogni stagione, ed una fonte d’acqua purissima, ristoratrice, piena di minerali proteici.
La sorgente dissetava tutta la comunità.
Tutto procedeva nell’ordine, nell’armonia, nella gioia, e tutto il paese n’era coinvolto.




Improvvisamente il Signore fu chiamato ad allontanarsi dal paese per presenziare davanti ad un tribunale d’alto livello dove veniva messa in discussione dall’avversario tutta la sua proprietà, terra, animali, e persone.
Il Signore chiamò, a rapporto tutti i suoi servitori e disse: “devo assentarmi per un certo tempo, vi lascio liberi di gestire tutto quello che possiedo, come del resto ogn’uno ha avuto il compito di fare fino ad ora.
Una cosa soltanto vi raccomando: la fonte che qui scaturisce, la cui acqua arriva direttamente dal passo, e dalla quale attingete acqua a volontà, voi, tutte le vostre famiglie, gli abitanti della vallata sottostante, i viandanti, i pellegrini, e gli stranieri che vengono a vedere il panorama che si vede dal passo.
La fonte, deve rimanere ed avere le stesse caratteristiche di come l’ho lasciata”.

                                
Il Signore partì.
Nel paese, subito scese la prima tristezza e qualche ombra nera si aggiungeva, perché a volte, quando l’inverno era particolarmente freddo, subivano l’attacco dei lupi, affamati e si verificava la perdita di qualche persona, come il piccolo Stefano.
Ci furono giornate di gioia e d’allegrezza, i giorni procedevano bene e con ordine. C’era molta libertà, si piantava, si annaffiava e si vedeva crescere. Arrivavano, inoltre, notizie confortanti dal Signore che era lontano; e tutti erano contenti.
Si raccoglieva e ci si nutriva con quello che si era seminato; si facevano feste e ci si divertiva assieme.
La fonte era, sovente, adornata dalle ragazze con dei fiori profumati di campo.
I bambini saltavano, giocavano, gridavano spruzzandosi l’acqua e bagnando tutt’intorno, rinfrescavano l’aria dalla calura della giornata.
Le donne che andavano ad attingere l’acqua la guardavano con ammirazione, la curavano, la tenevano pulita togliendole l’erba che poteva essere nata sul bordo.
Gli uomini si dissetavano e nel giorno di non lavoro amavano passare ore ed ore a conversare attorno alla pietra più grande, quella d’angolo che faceva da tavolo.
                                   


Tutti erano attenti e ogn’uno vigilava affinché ogni cosa si conservasse con ordine, con rispetto, con armonia, con allegria per il bene di tutto il paese e di chi si fosse dissetato e ristorato da essa.
Le pietre, soprattutto quella d’angolo, luccicavano addirittura dallo strofinio dei jeans e delle gonne che vi si erano appoggiate.

Trascorse del tempo ed un giorno passò dal paese un povero, un mendicante; impolverato e sudato, forse anche un po’ sordido.
Si fermò alla fonte e si sedette soltanto per dissetarsi.
Non aveva boraccia per il viaggio, ma dalla fatica del volto si vedeva che era abituato a stare anche molte ore senza bere.
Bevve una gran sorsata per assaporarne tutta la freschezza e subito, proseguì per il passo. Sembrava impaziente d’arrivarvi.
Gesù stando in piedi esclamò: «Se qualcuno ha sete, venga a me e beva.” Giovanni 7:37
Qualcuno lo vide, e mentre era ad attingere acqua con altre persone del paese, con superficialità disse: “anche oggi n’è passato un altro”.



"Va' presto per le piazze e per le vie della città, e conduci qua poveri, storpi, ciechi e zoppi"Luca 14:21
 “Il signore disse al servo: "Va' fuori per le strade e lungo le siepi e costringili ad entrare, affinché la mia casa sia piena.” Luca 14:23



Pure questo era impolverato, e stracciato. Da com’era dimesso, mi sembra di sentire ancora il suo odore di sporco su queste pietre”.

Una frase gettata lì, senza volere, senza pensare alle conseguenze, senza darci troppo peso. Poi il continuo dei discorsi, dei vocii e delle chiacchiere che si perdono senza più pensarci nell’operosità e nel travaglio di tutti i giorni.
Un’altra volta giunse in paese una famigliola, si fermò per ristorarsi e riposare qualche minuto vicino alla fonte.
Trascorsero più di qualche minuto, chiacchierando tra loro in una lingua sconosciuta: erano stranieri.
Non c'è qui né Giudeo né Greco; non c'è né schiavo né libero; non c'è né maschio né femmina; perché voi tutti siete uno in Cristo Gesù.” Galati 3:28
Il bambino più piccolo, quello con gli occhi un po’ a mandorla, il più vivace, scrisse qualche cosa in quella lingua sulla pietra del bordo.

                        

Living water-God save.
Tutta la famiglia infine, con le bottiglie piene, prosegui per il valico.

Alcuni assistettero alla scena familiare d’altro luogo, e a quella scritta d’altra lingua.
Si preoccuparono della fonte, e privi d’obiettività si lamentarono della scritta sulla pietra, senza provvedere a cancellarla.
Si lamentarono: “bisogna stare attenti ai bambini, educarli, riprenderli, non bisogna risparmiare loro la verga o finiranno per…”
Continuarono pettegolando su che tipo era la famiglia, che parlava una lingua sconosciuta, che cosa si saranno detti, e i gesti che si sono fatti”.

Passò altro tempo, e questa volta arrivò in paese, e si fermò alla fonte, un gruppo di ragazze e ragazzi della vallata sottostante, venuti per ammirare il paesaggio stupendo che si vedeva dal passo.
Come si sa , i ragazzi sono un po’ diversi, generazioni nuove, con delle novità e qualche stranezza.
Abbigliamento moderno, pantaloni jeans le ragazze.
Tutti portavano scarpe da trekking, giubbotti, gilè, marsupi a tracolla, e gli zaini portati sopra una spalla con una bretella soltanto.
Tutti attrezzati, sacchi a pelo, chitarre, bibite, bicchieri di carta e panini.
Era pomeriggio inoltrato ed allora si sistemarono a fianco della fonte per passarvi la notte.
Con le loro canzoni e risate chiamarono all’attenzione i ragazzi ed i bambini del paese.

                          

Socializzarono subito, si trovarono a loro agio, cantarono assieme cantici nuovi, si scambiarono esperienze, scherzi e giochi.
L’aria fresca della sera era pulita e la gioia aleggiava intorno al fuoco che avevano acceso sul braciere delle feste del paese.
Al mattino tutto il gruppo partì presto alla volta del passo.
Come di consueto, lasciarono un po’ di disordine attorno alla fonte: carta sparsa qua e la, bicchieri vuoti, un paio di stringhe, alcuni spartiti, ed il fuoco non ancora spento del tutto, come quello che era rimasto nel cuore dei ragazzi e dei bambini del paese.
Un po’ di confusione, ma che sarebbe stata presto risolta se…

Per qualcuno questo ormai era troppo. Così non si poteva andare avanti e bisognava provvedere, la fonte era in pericolo. Si ricordarono dell’odore e della scritta sulla pietra delle visite precedenti.
I più facinorosi, i più puliti, si fecero avanti, e affermarono che quella era la loro fonte, che il padrone si era raccomandato di mantenerla pulita, di non sporcarla, di non usarla in quel modo. “Guardate com’è ridotta?
Non deve succedere un’altra volta. Poi quei cantici…, roba moderna, le risate, maschi e femmine assieme.
I ragazzi avevano i capelli lunghi, cotonati, colorati, alcuni portavano gli orecchini”.


  

Si fece un’assemblea di paese dove ognuno disse la sua su come intervenire e che provvedimenti bisognava prendere.
L’assemblea, decise, nonostante tutte le persone non erano d’accordo, soprattutto i ragazzi e i bambini.
Recintare tutto intorno alla fonte e ricoprire la fonte stessa di una casetta di legno chiaro per impedire che qualcuno passando non gli gettasse sopra delle cose.
Non essendo stati designati dei custodi per accudire la fonte le chiavi del recinto e della porta d’entrata furono consegnate a ciascun uomo del paese.
Ormai il misfatto era compiuto. Non si poteva né si voleva tornare indietro.
Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra; eccoti il tuo.” Matteo 25:25

La fonte, fino a quel momento ammirata, utilizzata da tutti, e a cui si faceva riferimento, era là, rinchiusa.
Il sole non la rischiarava più, ne vedeva le stelle del cielo; l’allegria dei bambini e la gioia dei colori dei fiori dei campi non esistevano più.

                                                 
Intorno a lei si respirava un’aria austera e timorosa come fosse un tabernacolo sacerdotale.
Una persona, più tardi per abbellirla posò sullo stipite della porta un vaso di fiori di plastica bianca.
Ben presto alcuni uomini cominciarono a stancarsi di aprire e chiudere cancello e porta.
Altri addirittura ne persero le chiavi.
L’accesso alla fonte era diventato difficoltoso per tutti.
Pochi uomini soltanto ormai possedevano le chiavi, i più anziani, spesso erano assenti per malattia, per lavoro, per traffici personali.
Alcune persone preferirono andare ad attingere acqua presso altre fonti, ed altre tornando a casa dai campi, portavano l’acqua dei ruscelli.
All’interno della casetta, le pietre della fonte avevano perso la loro lucentezza e non brillavano più al sole e alla rugiada della notte rischiarata dalla luna.
La muffa fioriva all’interno per mancanza d’aria, e all’esterno crescevano le erbacce perché nessuno più le tagliava.

Le feste del paese si ritrovarono con pochi partecipanti, senza gioia né grido di bimbo.
Gli uomini si ritrovavano ancora vicino alla pietra angolare ma con stanchezza, senza obiettivi e finta armonia.
La vita del paese, senza che esso se ne fosse accorto era cambiata, era triste, silenziosa, e appartata.
Tutto era diventato consuetudine.
Ognuno pensava ai fatti propri e al suo lavoro; soltanto le critiche verso gli altri prosperavano.
Si formarono gruppi, ed ognuno scelse dove stava meglio, dove si trovava a proprio agio e dov’erano idee simili alle proprie.
Quel seme gettato da un nemico interno, quella prima parola di dubbio, aveva prodotto tutta questa zizzania.
All’intorno nella valle sottostante, chi aveva visto lo stato primario della fonte, ed ora ne constatava un cambiamento cosi radicale, pensò al problema; così ne derivò, e si sparse la voce che l’acqua non era più buona.

Chi giungeva in paese e non sapeva nulla, vedendo tutto recintato e non potendo proseguire, perché in assenza d’ acqua se ne tornava da dove era venuto.
Altre persone, che sapevano del fatto, si equipaggiavano prima e seguitavano senza fermarsi per il passo.
Passo molto tempo ed il paese, rimase in letargo vivendo soltanto del cibo d’accumulo della buona stagione.
Si udì un grido di donna. “Sta arrivando il Padrone!”
                         
A questo punto bisognerebbe raccontare l’azione e il comportamento del Padrone.
Non è compito mio, già troppe volte il Signore stesso, in altre parabole insegna ai suoi servitori.
Lui soltanto è il giusto giudice. A Lui il giudizio.
Quel servo che ha conosciuto la volontà del suo padrone e non ha preparato né fatto nulla per compiere la sua volontà, riceverà molte percosse” Luca 12:47

La parabola prosegue ancora insegnando cosa il paese non dovrà fare quando sentirà l’annuncio del ritorno del Signore del paese.
Presto prepariamoci: la fonte è rimasta intatta come l’ha lasciata, come la vuole il Padrone.
Con orgoglio e con vanto: nessuno l’ha sporcata, imbrattata, toccata, usata.
Guardando l’esteriore come se avesse valore soltanto quest’aspetto, si cercano gli ultimi ma inutili addobbi menzogneri.
Si trova l’ultima chiave che era rimasta, chiusa nella cassaforte di colui che collezionava anche monete, antiche, ebraiche, di valore, (trenta sicli d’argento) in quella casa la più distante dalla fonte.
Addobbiamola facciamo festa.
Alcuni portarono ghirlande, altri con strisce bianche coprirono parte del recinto per indicarne la purezza rimasta.
Si misero delle lampadine satinate e si accesero le luci all’interno e all’esterno della casetta, affinché ci fosse la luce e ci si potesse vedere.
Dal soffitto pendevano della figure di uomini e di animali, variforme, di carta bianca ritagliata; delle strisce filanti del solito colore erano agganciate da un angolo all’altro della stanza e moltissimi coriandoli di un bianco argentato giacevano sul pavimento.
Qualcuno fissò pure sul tetto una stella di legno, a quattro punte ortogonali con sotto la scritta in pittura bianca “MARAN-ATA”

                      

«All'angelo della chiesa di Sardi scrivi:Queste cose dice colui che ha i sette spiriti di Dio e le sette stelle:Io conosco le tue opere: tu hai fama di vivere ma sei morto. Sii vigilante e rafforza il resto che sta per morire; poiché non ho
trovato le tue opere perfette davanti al mio Dio.
Ricordati dunque come hai ricevuto e ascoltato la parola, continua a serbarla e ravvediti. Perché, se non sarai vigilante, io verrò come un ladro, e tu non saprai a che ora verrò a sorprenderti.
Tuttavia a Sardi ci sono alcuni che non hanno contaminato le loro vesti; essi cammineranno con me in bianche vesti, perché ne sono degni.” Apocalisse 3:1-4

Sembrava una sposa!

Ma è veramente cosi LA SPOSA che vuole il Signore?

                       
Morale
Sapere mantenere la chiesa, così come l’ha edificata il Signore non è cosa semplice, ma dobbiamo provarci.
Soprattutto non dobbiamo adornarla di cose umane e personali che pensiamo essere pure e sante.
Saperla lasciare così nella semplicità e nella verità della sua genuinità, in modo che tutti vi possano trovare ristoro.
Dall’esteriore si deve vedere il suo interiore ben preordinato ben formato, ben fatto e senza bisogno d’aggiunte perché tutto è compiuto, eseguito dall’Eterno, così come deve essere.
La fonte da cui il mondo attinge acqua è la Parola di Dio che solca il tempo, la storia ed attraversa le nazioni, le razze e le culture.
La Parola deve essere libera, senza recinti né recinzioni, senza condizionamenti, senza speculazioni umane, né del passato, né del presente.
Deve essere divulgata, propagata, proposta, trafficata e spesa così com’è; deve brillare di luce propria, non artefatta, e messa in un luogo dove tutti la possono vedere.
Non deve essere difesa, nessun steccato e nessuna costruzione materiale o psicologica, deve rinchiuderla, né può essere ridotta a nostra esclusività, non separata dallo scopo, per questo nata.
Ogni volta che questo succede, la chiesa cade nell’ipocrisia e nell’errore di chi ha sempre ragione e non si mette mai in discussione, di chi si ritiene santo e superiore a tutti.

                                
Cade nel fariseismo, scrupolosa religione osservatrice di cose esteriori fino all’esasperazione, dove la legge è più importante della salvezza dell’uomo.
Cade nel giudizio di cose che non sa, neppure è chiamata a misurare, dove il mormorio, i pettegolezzi, la critica di pensieri e di etica d’altri credenti è più importante del loro operato per l’evangelo.
Cade nell’isolamento, nell’incomprensione e nel rifiuto, dove la nostra ottica è la sola vera, dove il dialogo non esiste e non c’è confronto.
Cade nello scontro della diversità, della cultura, della razza, della tradizione, e non c’è l’incontro, la gioia e la comunione d’essere figli di un unico Padre.

                    

La chiesa è una comunità di pietre viventi, una diversa dall’altra, dove si vive l’interiore e l’agape nella libertà, nell’apertura alla comprensione reciproca di come si è e di come si vuole vivere la comunione rimanendo fedeli all’origine.
Diversamente diventa una setta con la sua legalità, il fariseismo, l’autoritarismo, la religiosità, la carnalità e l’austerità.

                                    

Oppure diventa una farsa, una falsità, una mimica, con la sua ipocrisia, gli ornamenti, il folklore, le immagini e l’esteriorità.
Il signore di questa chiesa, il dio di questa comunità, diverrebbe un dio costruito, senza vita, statico e muto come un idolo di legno, senza forza, ma autoritario e dispotico, oppure semplicione e superficiale come l’uomo.

Il Signore della chiesa universale e perfetta, è il Dio vivente e vero, eterno ed onnipotente, pieno d’amore per tutti.

Cominciare a vederlo presente e concreto in noi stessi e infinito negli altri è volere costruire la chiesa.


La fonte da cui il mondo attinge acqua è la Parola di Dio che solca il tempo, la storia ed attraversa le nazioni, le razze e le culture.

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