118 GERUSALEMME, IL POPOLO, LA SPOSA- La Città futura

 

               GERUSALEMME, IL POPOLO, LA SPOSA-LA CHIESA-                      Cantico  dei Cantici 1, 6b-7

La chiesa nel mondo

Gerusalemme e il popolo
   

Chagall La Sposa e Lo Sposo

Mi hanno fatta guardiana delle vigne, ma io, la mia vigna, non l'ho custodita.

O tu che il mio cuore ama, dimmi dove conduci a pascolare il tuo gregge, e dove lo fai riposare sul mezzogiorno. Infatti, perché sarei io come una donna sperduta, presso le greggi dei tuoi compagni?

Questi versetti del capitolo 1° del Cantico dei cantici, libro poetico, opera di livello superiore. Superlativo, rivolto al Creatore, all'Eterno: il Santo dei Santi. Scritto attribuito al Re Salomone, anche se non se ne ha la certezza assoluta, e del quale si danno diverse interpretazioni. Una delle più valide, valutato come Poema lirico, accertato appunto da molti esegeti per darne interpretazione, la più valida possibile. Scritti discutibili se analizzati superficialmente, vedendo soltanto l'amore di una pastorella per un giovane pastore.


Un episodio campestre normale tra due ragazzi fidanzati, se non fosse valutato di grande importanza, perché veniva letto in occasione delle grandi solennità ebraiche commemorative. Certamente interpretato allegoricamente con grande spiritualità:

Gerusalemme e il suo Dio. L'amore di Gerusalemme, nella tentazione di tradire il suo amato, ma che dimostra la grande fedeltà della risposta all'amore di colui che ama.                                                                                                                                                        Soprattutto l'amore reciproco dell'Eterno, sa che non la abbandonerà mai.

Chagall dipinge la fidanzata: Gerusalemme, il popolo, la chiesa come sposa che viene rapita ( 1^ Tessalonicesi 4, 16-17) verso il prato celeste dal suo fidanzato, sposo, Signore e Re dei re.

Chagall

Questi versetti mettono in evidenza due personaggi principali.                                        Leggendo tutto il capitolo, vi sono altri personaggi i pastori e i greggi che mettono in campo le interpretazioni degli esegeti.

La mia lettura, immagina una bella fanciulla della campagna sunamita, ma anche una fanciulla di Gerusalemme o la figlia del re d'Egitto, innamorata del suo fidanzato. Salomone regnava e percorreva strade e campagne del suo regno ed era conosciuto nella città e nel territorio: fa similitudine di questo incontro di amore che probabilmente è il suo, ma anche quello del popolo di Gerusalemme.

Si presume, uomo, innamorato, della bellezza in generale: la magnificenza del Tempio, i padiglioni del palazzo, dai suoi scritti, ma come prossimo sposo, di questa donna giovane ed esuberante: fascino da ammirare con affetto e trasporto.


Ricordiamo il padre: il Re Davide e la storia con la moglie di Uria.                     
Probabilmente, forse, ne prende paragone ed emulazione di vita.

Si ipotizza che usi questa allegoria per dare visione della bellezza femminile ebraica, paragonandola al suo popolo e a Gerusalemme nei rapporti verso l'Eterno. Il Dio che ama fortemente. L'onnipotente che ha sempre detto e dimostrato il suo amore per Israele, ma che aveva avvertito più volte di voler abbandonare il popolo per le sue vanita e contaminazioni con le vicine nazioni aventi altri dei.

La ragazza rivela il suo amore: la disposizione d’animo verso il giovane Re e si attende qual cosa da Lui: anela alla sua sensibilità affettiva che vede aldilà dei sentimenti umani e raggiunge confini di premura certa e completa.

Esulta grandemente o figliuola di Sion, manda gridi di allegrezza, o figliuola di Gerusalemme; ecco il tuo re viene a te; egli è giusto e vittorioso…Egli parlerà di pace alle nazioni, il suo dominio si estenderà da un mare all’altro e dal fiume fino all’estremità della terra.” Zac.9,9-10

La risposta che vuole il Signore, il Re è quella che il popolo deve dare.                                  La giovane donna esulta, O Tu che il mio cuore ama!                                                                Vuole il suo amato, vuole andare dove trascorrere il tempo della sua vita con Lui.

Esultanza: è il grido di entusiasmo di Gerusalemme, di un popolo che in certi momenti si sente abbandonato ma che acclama il suo Re, che entra nella città santa. Gerusalemme, città di giustizia, di pace e di prosperità perenne.

Ma anche una scarica di rammarico, istantanea e sincera di un debito ancora aperto, di affetto concreto che nasconde il pensiero, di una grazia ancora da compiersi. Una bontà necessaria, perché si sente ancora debitrice, per ristabilire un equilibrio che pensa; pensiamo, non avere ancora concluso, per esorcizzare la paura del dovere verso l'amato e del domani. Donna sperduta, presso le greggi dei tuoi compagni. Popolo disorientato paura di essere considerato come le altre nazioni. Ma quest’esplosione di affetto e di consapevolezza mancante è amore verso l' amato, che sa che Lui amerà sempre, darà ancora: si donerà alla donna, al popolo, a Gerusalemme: non abbandonerà l'amata e il bene sarà puro e duraturo.

Gerusalemme, luce di Dio

Chagall









        L'allegoria continua e chi scrive usa un’immagine della bellezza di un pascolo verde conosciuto, dove regna la purezza, l'ordine e l'amore.                                                           
    Un richiamo al compagno, all'amato che sa si prenderà cura di lei e delle sue pecore, gli agnelli, i montoni, i cittadini.                                                                                                 Pascolo certamente comunitario con altri greggi e pastori: i popoli e i governi.                       La maggior parte della Giudea è molto adatta al pascolo e in quel tempo coloro che ascoltavano erano abituati alla figura del pastore e del gregge.

Il Pastore porta le pecore ad una buona pastura, le difende dalle fiere e dai predoni, si prende cura della più debole, e va a cercare quella smarrita.                                                                  La chiama per nome e lei risponde al richiamo del pastore.                                                      La donna afferma che è amata e tutte le sue pecore rispondono fiduciose alla chiamata dello Sposo e vogliono seguire soltanto Lui che riconoscono.                                                        Afferma che il vero Pastore conosce le pecore ed esse conoscono lui, distinguono il suono della sua Parola, e lo seguono.                                                                                                  Si prende cura di loro e le conduce a buoni pascoli erbosi, incontaminati.                                E’ pronto a salvarle a conservarle a darle il sole di mezzogiorno, non questo di oggi, ma il sol di giustizia, cibo abbondante, libertà, sicurezza e vita.

                                  La teologia di Israele che erano pastori itineranti sotto le tende, passato da tribù a popolo; comincia con i Patriarchi sostenuti da Dio che rappresenta il Gran Pastore ed il popolo è il suo gregge.                                                                                                                                  Tutti quelli che avevano un incarico in Israele: giudici, profeti, sacerdoti e re erano considerati dal popolo come pastori che dovevano farsi guidare per amministrare il popolo con sapienza e giustizia da Dio: il Buon Pastore: colui che amano, l'amato.                                                                                                                                                                           Illustrazione che si spiega molto bene, dopo, dai racconti di Gesù.                                        In verità, in verità vi dico: Io sono la porta delle pecore.” “Il buon Pastore”.                    "Le pecore entrano ed escono per me." Nella libertà e consapevolezza più assoluta.


Mi hanno fatta guardiana delle vigne, ma io, la mia vigna, non l'ho custodita.


Gerusalemme si rammarica per questo: di non aver custodito il gregge, il popolo.

I compagni: pastori di Gerusalemme, del popolo, al quale non hanno dato la cura necessaria, non hanno custodito il gregge. Ma anche i governanti dei popoli, certe chiese, almeno fino ad oggi, non hanno custodito la vigna, ne seguito appieno la Parola del Buon Pastore. Il gregge, il popolo: Gerusalemme si è smarrita, presso le greggi dei tuoi compagni: certamente pastori fraudolenti hanno fatto percorrere al popolo strade modificate e distorte verso pascoli desolati senza nutrimento.


Cosa ci dicono oggi questi versetti? Chi sono le pecore smarrite: soprattutto quelle deboli, quelle ferite, quelle di cui qualcuno dovrebbe prendersene cura?                                             
Dove sono i bravi pastori?

Il gregge umano è da sempre affaticato: la fame nel mondo, la carenza dell’acqua.                Tumefatto di ferite da guerra, pieno di dolore, verso un futuro che per la povera gente smarrita è ancor più di sofferenza e di morte.

Costretto a superare il deserto senza alcun nutrimento; ad attraversare con barche scassate un mare in burrasca: perché nel fetido pascolo c’è carenza, violenza e la repressione. Anche in questa pseudo democrazia europea, poca è la forza a favore del nutrimento, della pace e della giustizia: grande è il consenso contrario.

E’ carico di umana vergogna: siamo colpevoli tutti.

Guidati da iniqui pastori che prospettano pascoli erbosi.                                                          Il gregge invece trova pascoli aridi e secchi in spregio ai diritti, alla vita di donne, giovani, vecchi e bambini.

Il gregge, il mondo, il popolo sente ancora il peso della vita, che è diventato troppo grave specialmente per i deboli e gli indifesi, ed è ancora pieno di infelicità, mancanza di lavoro e di giustizia sociale. Colmo di incomprensioni; dalle discriminazioni e dalla violenza; dai mali ottusi: fanatismo e razzismo.

Il pascolo, la terra, il globo ora si trova sporco, avvelenato e inquinato.

Chi ha rammarico di consapevolezza a chi dispiace tutto questo?

Il Divino Pastore, il Dio delle genti, Parola di vita, invita a seguire soltanto il suo dolce e sommesso richiamo a pecore, agnelli e …pecoroni.

Il nutrimento sereno: la libertà, la felicità ed il lavoro si conquistano seguendo il Pastore, indicatore di nutrimento e di vita, pieno di amore per tutte le sue creature.

Soprattutto la Chiesa che è consapevole e sa dell’inganno globale, del buio di certi pastori, guide stolte e malvagie. Macchinazioni e bugie di vecchi e nuovi pastori, conduttori incapaci che portano a pascoli scarsi e impoveriti.

Le chiese sono invitate a seguire il cammino del Vero Pastore verso un pascolo, più giusto e corretto per tutti. Quelle che a qualsiasi credo appartengono e che hanno a cuore il percorso sereno e sicuro delle pecore umane.








 Tornando all’immagine pastorizia, il racconto esorta Gerusalemme, il popolo, le chiese a risvegliare e recuperare le pecore sparse e vedere il bisogno globale di un pascolo erboso mondiale. Le chiama a togliere erbacce, zizzanie, foglie secche e ingiallite e le manda a spargere il seme di tenera erba col Soffio Divino che porta cibo e ristoro, pace ed amore.

I compagni, nel N.T.: oggi, oltre che i governanti, sono anche gli anziani, i vescovi, i responsabili e tutti i credenti di chiese, che vengono esortati a prendersi cura delle pecore, tutte: secondo l’esempio di Cristo, il Divino Pastore, conduttore, maestro del gregge e custode del pascolo erboso futuro.

I credenti per l’opera Sua sono diventati re e sacerdoti: pastori di greggi umani per chiamata divina, verso il pascolo erboso celeste.

Riconciliazione Cattolici-Evangelici Valdesi

La speranza è saper cogliere l'amore del Buon Pastore come fa l'accorta ragazza nel poema, nel Canto, nella preghiera. E’ saper vedere oltre il tramonto, non la notte, ma il sole di mezzogiorno che sta sorgendo per tutti, ed ammirare il pascolo verde ed eterno che Dio propone a tutte le genti: tribù, popoli e nazioni ché si identificano nel Pastore di grande bontà e lo riconoscono come messaggio d'amore del Padre: il Creatore. Colui che ha camminato sul prato di terra per farlo inverdire.

Annichilendo se stesso, ha portato salvezza, libertà ed uguaglianza.

Quando il signore avrà compiuto l'opera sua in Gerusalemme (Isaia 10,12) e nel mondo. La speranza futura dell'attesa di oggi, sarà gioiosa e libera in festa sul prato verde, e l'immagine della Gerusalemme celeste e del Regno sarà la realtà del suo amore.                                                                 


















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