55-AUTOCOSCIENZA-La Parola inascoltata-La Creazione


AUTOCOSCIENZA Ecclesiaste 3,10-22

Nell' A.T. il libro Ecclesiaste è un libro poco predicato perché di interpretazione non facile; questo testo sembra un'ironia verso l'uomo, il lavoro in senso generale e il giudizio: la presunta giustizia degli umani. 
E' il libro che contiene il termine lavoro più di ogni altro, che fa interrogazioni e domande sia personali che di popolo ed attende una risposta.


La prima domanda che ci propone è: che profitto trae dalla sua fatica colui che lavora? Un'ironia, per noi, per il mondo moderno, per le nostre Repubbliche fondate sul lavoro.
Entriamo allora a scoprire cosa: cosa può portare di buono la fatica, il sudore sfruttato, precario, il lavoro disumanizzante, il lavoro nero sottopagato, senza sicurezze, che produce dolore e morti innocenti. Che prospettiva produce la morte sul lavoro, o chi si toglie la vita per il non lavoro, l’abuso e lo sfruttamento dell’ambiente, della natura...
Cosa è questo, se non il disastro, la sciagura avvenuta nel giardino dell'Eden.




il suolo sarà maledetto per causa tua; ne mangerai il frutto con affanno, tutti i giorni della tua vita. Esso ti produrrà spine e triboli, e tu mangerai l'erba dei campi; mangerai il pane col sudore del tuo volto.
Questa tragedia, questo dramma è la realtà, non per tutti, ma per i moltissimi meno abbienti, per gli indigenti, i senza tetto, gli immigrati, i profughi disperati, le nazioni sottosviluppate; realtà non certo ironica! Che sta sotto il sole, ieri e oggi.















Questo libro non costituisce, comunque, visto la tragica situazione, un’autorizzazione a non lavorare, a disaffezionarsi da tutto quello che l'uomo fa e produce, ma a considerare, però, che il mondo voluto da Dio è già bello e buono, per tutti, fatto nel tempo giusto, senza aggiunta alcuna, piacevole, da rallegrarsi, da vivere insieme, in condivisione con entusiasmo e meraviglia apprezzandolo in tutte le sue forme e nella natura, non soltanto per se stessi ma anche per i figli e le generazioni future. 






L'uomo col suo lavoro deve cooperare con Dio.

Chiamati quindi ad essere buoni amministratori e amministratrici ed entrare in quella promessa di Dio che ha fatto all'inizio, per un’esistenza piena di vera giustizia e di pace.

Non è così: sembra che all'uomo non gli importi cooperare con Dio per il bene, ne gli interessano i fatti che lo circondano e lo sovrastano e neppure cerca di capire che le cose non possono continuare così, per il bene della natura e per la sua stessa vita.

Ecclesiaste afferma che Dio, ci mette alla prova per cercare di convincerci, ci mette davanti al fatto che tutti, sia uomini che animali hanno una stessa sorte: la morte e che vanno tutti in uno stesso luogo.


Iddio cerca continuamente di interessarci alla conservazione della vita e del pianeta, e poiché non vuole la distruzione del mondo, cerca di indicarci la strada, anche attraverso la natura, per arrivare a fermare l’umanità dalla via che sta seguendo e sconfiggere la forza interna dell’egoismo che la domina e che la sta conducendo alla sua distruzione. 

Per questo l' Ecclesiaste ci dice che tutto è vanità, empietà, ingiustizia, fatica sprecata che non porta a nulla, se non tribolazione e sofferenza. Ogni cosa è priva di speranza e possibilità sul piano materiale, sociale, economico, umanitario. Emergono invece impotenza, rabbia e violenza, perché non tutti possono goderne i frutti con gioia, in quanto c'è sfruttamento quotidiano, sperequazione, discriminazione e non un giusto possesso futuro.




Ecclesiaste ci fa intravvedere una visione positiva del lavoro giusto e condiviso, che nobilita l'essere umano e lo rende avveduto ora e nelle future generazioni, previsto nell'ordine della Creazione da Dio con la sua giustizia, ma anche una responsabilità umana verso la sua opera che è scandita di settimana in settimana nel Shabat (sabato, giorno del riposo di Dio) il tempo del riposo per tutta la sua creazione: senso da dover riscoprire.


Il fatto comunque è che l’umanità muore fisicamente, naturalmente; molte volte da catastrofi naturali: come i terremoti e le alluvioni, o provocate dell’uomo le distruzioni e le guerre.
Dio comunica ancora questo fatto che accadrà alla carne, a quella autocosciente, che può capire ma non vuole, perché possa intervenire e modificarsi:
tutti vengon dalla polvere, e tutti ritornano alla polvere” (Eccl.12,9)
Prima che la polvere torni alla terra com’era prima e lo spirito torni a Dio che lo ha dato”

Ecco perché il capitolo cinque della genesi è chiamato il capitolo del cimitero, “Poi morì”, perché è un elenco di discendenze e di morti, affinché l'uomo ricordi.
La mortalità esiste per l'uomo come quella per gli animali. Di tutti i miliardi di persone e di tutti gli animali vissuti su questa terra, resta soltanto la generazione attuale e le specie di animali che sono riuscite a sopravvivere alla sopraffazione dell'uomo: ogni attimo di tempo che passa se ne vedono le conseguenze.
Disgregazione, distruzione, disfacimento, morte.
La morte c’è ed esiste, per questo Dio lo ricorda ed evitarla non possiamo.
Ecclesiaste appunto ci afferma che tutto è vanità, un correre dietro il vento se non ci si indirizza verso la Parola, la volontà di Dio.




Però la stessa parola ci dice che la morte non separa l’uomo dalla sua esistenza:
Ha persino messo nel cuore dell’uomo il pensiero di vivere per sempre: fatto a sua immagine.
Il Creatore non ci ha fatto soltanto una promessa, ma ha inserito nella nostra mente e nel nostro cuore il senso e il sentimento dell'autocoscienza con saggezza: il nostro essere, l’esistere con gioia, è senza fine: eterno. Colui che esiste da sempre ci ha dato la vita affinché esistessimo contenti ma in modo responsabile.
Che dono stupendo, meraviglioso! Quando saremo in grado di percepirlo, di viverlo e condividerlo, insieme anche alla natura in modo completo?


L'uomo per altro su questo pensiero oltre la vita, ha elaborato diverse teorie per esorcizzare la morte: una è questa che ci porta a riconsiderare la natura.
Nel mondo antico, non soltanto gli egiziani, pensavano che alcuni animali possedessero natura divina superiore all'uomo, prestando loro grandi attenzioni, e adorandoli, pensavano di poter averne benefici sia terreni: miglior qualità della vita, maggiori anni di vita, che celesti: accedere all'eternità portandosi questi benefici: ecco alcuni animali particolari.
Il coccodrillo del Nilo che vive + di 100 anni, e cambia i denti sino all'ultimo, per gli egiziani divinità multiforme associato alla figura del Faraone anche lui divino.
Il serpente divinità egizia, quello azteco piumato, la dea dei serpenti della civiltà minoica, animale di cui abbiamo paura ancestrale.
L'elefante che vive + dell'uomo e sa coordinarsi in famiglie con il capostipite guida, divinità indiana.
Ecclesiaste afferma che nessun animale è di origine divina, ne demitizza la concezione deistica del passato, ma ancora di oggi per alcuni popoli asiatici.


Nel passato, la natura, gli animali erano consideratissimi, addirittura venerati e adorati.
Che rapporto abbiamo oggi con gli animali, con la natura tutta?
Il pensiero dell'eternità è l'autocoscienza, la concezione di ciò che è bene e ciò che è male: come ci ha proiettati nella vita: che comportamento abbiamo tra noi umani e con la natura.

Vanità delle vanità ci dice Ecclesiaste e ci da il senso di aver superato il limite umano di questa concezione, che invece cerca ancora di superare questa barriera divinizzando anche dopo la morte chi è superiore, chi è stato superiore agli altri esseri umani o chi si sente superiore. Divinizzare gli animali, gli uomini o volersi divinizzare (faraoni, papi, re, presidenti) succede oggi anche nei popoli più progrediti: l'ibernazione o la mummificazione non sono strumenti di questo.



OGGI, invece, perché il disprezzo degli animali, perché la loro tortura, perché ecatombi di agnelli, maiali, bufalini, polli, balene, delfini, foche? Sono gli animali ad avere paura di noi. Dio ha messo gli animali a disposizione dell'uomo, come custode responsabile e non avido proprietario di macellazioni sfrenate, ecatombi, uccisioni incontrastate.
L'uomo pure ha paura dell'uomo, del suo sfruttamento, della sua disumanità: il lavoro dell'uomo come attività per recuperarlo, non per soggiogarlo, sopraffarlo, schiavizzarlo.




Il cuore dell’uomo ha fallito è venuto meno al rispetto per se stesso, per gli animali per la natura. Riscoprire questo rispetto, riconsiderando la natura, usando l'ecologia come educazione nelle scuole, nelle conferenze, dai media, dai governi.
Non sono che bestie; peccatori: voce che asserisce che gli animali sono meglio degli uomini; perché sono più tranquilli, accettano la natura, il creato, sanno che moriranno senza averne coscienza, ma cercano per istinto di salvare la specie, non si uccidono nella stessa specie se non per necessità estrema, per sopravvivenza, per cibo.

L'uomo invece cerca, ricerca, violenta e si violenta per superare il limite umano, la materia, lo spazio, il tempo; controllarlo e allungare così la vita e conquistarla: conquistare la vita, il mondo, l'universo, così come siamo, significa distruggerlo; sempre se non succede niente di nuovo sotto il sole?



Non c’è dunque speranza per l’uomo? Poiché tutto è vanità?
Se non c’è speranza come può esistere allora questo sentimento di eternità nel suo cuore.

Esiste un passaggio per arrivare al frutto della vita? E' forse il rispetto della natura, dell'uomo, della vita, del cosmo, la via da percorrere? Qual'è la mano giusta, tesa che ci permetterà di raccogliere il frutto di quell’albero meraviglioso che in passato non ci siamo meritati e che tutti i popoli cercano.


La risposta si trova soltanto alla croce di Cristo, la Parola di Dio fatta carne, l’unico giusto che morì per gli ingiusti; mori per i peccati di tutto il mondo secondo le scritture.
1^Cor.15,3÷4 1^Piet.3,18 Ebr.2,14÷18
Con questo suo morire egli tolse alla morte la sua efficacia, il suo dardo, il peccato.” 1^Cor.15,55÷56
Poiché come tutti muoiono in Adamo, così anche in Cristo saranno vivificati” 1^Cor.15,22

Ecco la mano tesa, la carne consapevole e disposta, la voce di un Figliuol D'Uomo,
Gesù che dice: “Io sono la via, la verità, la vita” “Sono la parola della vita” Fil.2,15
Il principe della vita” “Il pane della vita” Giov.6,32÷40—47÷51



L’uomo è liberato da quest’oppressione, da questo tiranno, da questa paura che è la morte e questo avviene a tutti coloro che credono in Lui e cercano di accogliere la mano tesa.
Non da carne né da sangue, né da volontà d’uomo”, non ottenuta con sforzi umani, col lavoro, con ricerche, sperimentazioni, sistemi, prove, teorie, animali, filosofie, religioni, grandi e buone opere: ma da Dio.
Il Signore stesso deve impartire vita a coloro che sono morti nelle colpe e nei peccati.
E questa è la vita: “Chiunque contempla il figlio e crede in Lui abbia vita eterna”Giov.6,40
Io sono la risurrezione e la vita, chi crede in me anche se muore vivrà; e chiunque vive e crede in me non morrà mai. Credi tu questo?” Giov.11,25÷26



CREDEDE VOI QUESTO!!!

Il fatto che assegna la vita eterna è il credere col cuore e confessare con la bocca che Gesù è resuscitato dai morti e la morte è vinta.
Credere che il morire di Gesù è stato il nostro morire e che il suo resuscitare è per il credente il sapere di vivere per sempre.

Sapere interiorizzare questo, è vivere gioiosi con entusiasmo e non aver angoscia del futuro.
Il credente sa che la morte dovrà passare su tutti gli uomini, ma soltanto lui ha la perfetta speranza, la certezza di avere ottenuto per grazia questo dono: il frutto dell’albero della vita.
Soltanto lui sa con sicurezza che dopo la morte c’è la vita eterna.
questa è la vita eterna: che conoscano te, il solo vero Dio, e colui che Tu hai mandato, Gesù Cristo” Giov.17,3
Poiché il salario del peccato è la morte; ma il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù, nostro Signore.”
QUESTO, farà tornare i figli ( al Padre, al Regno) per godere di ciò che verrà dopo di loro.







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