52-ECCO TUO FRATELLO!!!-Sequela

IL FIGLIOL PRODIGO-Bartolone Esteban Murillo
ECCO TUO FRATELLO! Luca 15,11-32

Nessuno nasce ed è solo, nasciamo dai genitori, in un mondo pieno di genitori, figli e figlie, fratelli e sorelle, che si muovono in un mondo complesso, nei rapporti, nei gruppi, negli incontri. Dai nuclei paleolitici ai gruppi patriarcali, oggi la famiglia può avere diversi significati: genitori, fratelli, sorelle, nonni, cugini, zii, gruppi, amicizie, famiglie allargate, partiti politici, comunita religiose.
L'essere umano è socievole e aggregativo e difficilmente vive solitario o in solitudine nelle condizioni naturali e normali: si aggrega per stare in famiglia, per proteggersi, per difendersi, farsi rispettare. Purtroppo è anche naturalmente egoista e dopo le prime violenze personali si serve del gruppo, del branco, per offendere ed infierire su altri gruppi, per predominare, per avere più risorse e benessere a discapito di altri, con schiavitù, coercizioni, guerre e morti.

Non è mai semplice trovare un equilibrio tra queste due tendenze, entrambe naturali e forti, e generalmente ogni famiglia, ogni gruppo porta dentro se solitamente dei conflitti che esprime apertamente come in Caino. Peggio i risentimenti li può covare per anni e poi scoppiare anche con banali pretesti nelle vendette, nelle faide, nelle guerre, contro i deboli sapendo che può vincerli.
Dio ha sempre scelto il più debole contro il forte, Giuseppe e i fratelli, Giacobbe ed Esaù, per parlare di famiglie e di fratelli. Il piccolo Israele contro le grandi nazioni: l'Egitto, Babilonia, la Fenicia, la Siria, Roma.
Gesù ha sempre messo in discussione i modelli che si sono evoluti non soltanto nella società ebraica, ma anche nelle società vicine, in queste che hanno avuto rapporti con Israele. Ha usato parabole contro l'opressione, contro coloro che si sentono forti e sfruttano gli altri, contro i ricchi e i sapienti che si comportano male, che si sentono pieni di diritti, facendosi più vicini a dio e allontanando gli altri, con religiosità e sensi di colpa.

La parabola ci presenta uno dei tanti conflitti famigliari così chiamata: il figliuol prodigo, o il padre amoroso. 

Chagall
Io evidenzio il fratello maggiore che rimane ancorato alla famiglia, ai beni del padre, alle sue comodità, ai suoi agi, ai suoi accumuli, che si sente sicuro sempre in quell'ambiente e sempre con i famigliari o amici di sempre: solita tradizione, solita religiosità, solidi sentimenti con tutti i vicini, che gli fanno del bene e non gli creano grane.
Non ha mai chiesto al padre del fratello minore, dove vive e come sta; sembra essere felice che se ne sia andato: un pianta grane, sempre scontento e lo dimentica.

Il fratello minore invece se ne va da casa all'avventura, dilapida tutte le risorse che il padre gli ha dato e poi ritorna in se, si pente e ritorna alla casa del padre. Che tipo di pentimento? Ha insultato il genitore chiedendo la sua parte di eredità, come se il padre fosse già morto, poi va a gozzovigliare, beve, va con prostitute, si droga, scende sempre più in basso, fino a mangiare le ghiande con i maiali .
Pensando ancora a se stesso in quella situazione ingloriosa, egoisticamente dice: tornerò a casa a mangiare da mio padre, questo è quello che gli interessa: il proprio benessere, il cibo e lo stare meglio di dov'è, senza dover fare niente, nemmeno pascolare dei maiali.
Entrambi non si comportano come i fratelli nel campo di grano e dei covoni che cercano più benessere ognuno per l'altro, si scambiano i covoni per aiutarsi; con un finale emozionante al massimo: l'abbraccio dei due fratelli.
Chiaramente un'altra famiglia con altri modelli di vita. Quello che vorrebbe Gesù per ogni fratello o sorella, per ogni famiglia, per ogni nazione.



Per questo, rispetto a questa situazione Gesù non offre una soluzione definitiva ma piuttosto mette in evidenza che tra i comportamenti dei fratelli di questa storia ci può e deve essere una soluzione migliore per tutti i fratelli, come per la famiglia dei covoni e vuole che noi la ricerchiamo e la pratichiamo.

I comportamenti dei fratelli di questa parabola sono entrambi sbagliati.
In tutti e due c'è una tensione di egoismo, distruttiva che passa per la sofferenza, quella di tutti i protagonisti.

Il maggiore, cerca di rimanere nella condizione di privilegio, anche se maturato con duro lavoro e dedicazione estrema e pretende diritti che pensa gli si debbano essere attribuiti e non pensa all' altro, magari senza lavoro, senza casa, senza affetti.
Sta sbagliando: non ricerca la famiglia e il benessere comune è pieno di rancore e di rabbia; non si è mai preoccupato di dove suo fratello poteva essere, non lo ha mai cerato, magari ha pensato: andato via lui, tutto rimane a me. Ecco si ripresenta dopo aver dilapidato tutto e nostro padre non soltanto lo accoglie, ma vuol fare festa con lui, lo onora con vestiti e cibo. Se non mi arrabbio subito, ora o mai più, chissà dopo, tutto tornerà diviso.


Il minore, con la sua voglia di libertà, di ricerca di avventura fuori porta, voglia di sbagliare e non essere più condizionato dalle convenzioni, dalle tradizioni, dall'autorità anche se paterna: sta sbagliando. Anche lui pensa soltanto a se stesso e non alle fatiche famigliari al bene comune. 
Analizzzando i pensieri di questo giovane, anche lui non ha un pensiero per il fratello, di come lo troverà, di come potrà accoglierlo, se lo abbraccerà, se dovrà anche a lui chiedere scusa per essersi allontanato e averlo lasciato a lavorare solo. Su tutto quello che trova non ha faticato ne avuto pensiero, tutto ancora gli è dovuto.



Non voglio entrare in merito al pentimento: il Padre corre, ama ed abbraccia, come una Madre, prima di ascoltare le parole del figlio.
Il perdono di questo Padre: la grazia di Dio è un gesto unico e universale che sovrasta e sovrabbonda i due fratelli. Tutti figli suoi: sorelle e fratelli nel mondo in tutte le lingue e nazioni

IL PADRE AMOROSO-Rembrandt
Il padre dimostra che non è uno scudo di difesa dell' eredita, della tradizione, delle convenzioni, ma capisce il desiderio dei figli le loro sofferenze, la loro ostilità e cerca di capirli mostrandogli esempi concreti; accogliendo con tenerezza e comprendendo con serenità: vuole una famiglia come quella dei covoni, dove una mano lava l'altra e ambedue lavano la faccia.

COVONI-Van Gogh
Sentimenti autentici, liberi, manifesti in situazioni concrete che il padre vuole modificare sapendo che ciascuno ha sperimentato dentro se stesso invidia, orgoglio, egoismo, presunzione, che covano sotto la cenere, ma che non possono convivere in una vera famiglia e il padre si prodiga per dipanare questi rapporti nella sua famiglia, senza ostacolarli subito, ma mostrando come si possa vivere in serenità e in amicizia, condividendo il lavoro, ma anche il cibo e fare in modo che ce ne sia per tutti.


Il fascino e l'importanza di questi racconti si trova nel fatto che vogliono presentare delle storie non soltanto riferite a quel tempo, ma che presentano anche oggi questi sentimenti umani positivi, ma anche contradittori che hanno aperto spazi alla vendetta e alla violenza, alle guerre; se non vengono fermate dal ritorno alla coscienza e alla responsabilità che il padre amoroso, che ha cura per tutti i suoi figli, vuole insegnare a questi fratelli.



Questa è la principale sfida all'accoglienza o al rifiuto, all'amicizia o alla guerra, alla via della vita o a quella della morte. Qualsiasi rapporto umano che voglia andare oltre la consuetudine, la banalità, la superficialità dell'omofobia, del razzismo, dell'odio verso l'altro, scopre la propria autonomia, la personalità, la libertà, il proprio volto riflesso su quello del proprio fratello che ha gli stessi interessi, le stesse angosce, le stesse passioni, le stesse aspettative e pretese; gli stessi pregiudizi e che se vive a volte in contrasto con le nostre, è cosi simile a noi stessi con pregi e difetti, tanto difficili da ammettere quanto da annullare, se non attraverso l'esempio di un padre che insegna, attende ed aspetta.


Il padre cerca di usare un sentimento, che forse non è prettamente umano, ma si deve imparare dagli esempi amorosi, che dimostrano un perdono completo quello che Gesù esprime non soltanto in questa parabola ma che arriva ad insegnare ad amare anche i propri nemici.
Sentimento apparentemente passivo perchè la nostra tendenza di gruppo, naturale, sociale è quella di reagire in modo agressivo e violento quando non siamo in accordo con l'altro, ce la prendiamo con chi ci ha fatto soffrire.
Sappiamo esprimerci soltanto così, soltanto attraverso la nostra soddisfazione, anche se dopo sentiremo il senso di colpa, che invece il padre ci invita a prevenirlo con la riconciliazione e il perdono.

L'INCONTRO!
Questa relazione tra fratello e fratello, Gesù la mantiene ferma, non la interrompe neppure alla croce e muore non rinnegando quest'amicizia non c'è cosa migliore di quella di dare la vita per i propri amici, e perdonando "perdona loro perché non sanno quello che fanno" questi esseri umani che sono fratelli e sorelle e non accolgono l'azione, l'amore di Dio per il mondo.



Questo Dio, dì perdono e di grazia, che riesce a superare egoismo, presunzione ed orgoglio per iniettare questa amicizia e questo amore, attraverso la fede, nel futuro per insegnare la complessità e la bellezza dell'animo umano e la sua diversità che nel positivo arrichisce e può instaurare una vita serena, in pace e di qualità:
il suo Regno.


Solo alla fine il racconto rivela lo scopo: è l'interpellazione, l'interrogazione interiore che Gesù fa agli uditori, ai farisei, agli scribi, ai sacerdoti, ma anche alle persone fuori dai bordi, libertine, cicale senza regole, sperperatrici; ma anche alle presunte famiglie comuni, senza difetti: anche a noi. Dice ai due fratelli, al maggiore davanti a lui e al minore che si copre alle spalle del Padre:
ECCO TUO FRATELLO: era morto, per te, è ritornato alla vita.
Pensate a Caino ed Abele. TUO FRATELLO, NON C' E', MA È QUÌ: 
ora che fai?











Noi cristiani benpensanti ed agiati che ci riteniamo giusti e corretti, abbastanza morali, che frequentano sempre la casa del Padre, la chiesa; si con qualche difetto, ma un po' somiglianti al fratello maggiore. che ne facciamo di quello minore?

Il Signore ci presenta davanti alla porta di casa il fratello che non vogliamo, con il quale siamo irritati, con cui si deve convivere e condividere l'eredità.
Ancora ci dice, non vuoi riconoscere quest'altro minore: immigrato, clandestino, mussulmano e straniero che è tuo fratello, tua sorella o tuo figlio minore e bambino. Quanti ne sono già stati dispersi nel mare. Come Abele non sono più qui!
Di questi che qui sono salvati, che ne fai?


Le comunità che sono pronte a parlare di pace e di fratellanza, ma sono pronte ad entrare, ad accogliere, a dimostrare con la testa e con cuore contro questo nostro egoismo, ingiusto e perverso che distrugge solidarietà e amicizia, che ferisce ed uccide sorelle e fratelli che è contro l'umanità e contro Dio.
Sono pronte a dare la mano al fratello disperso, disorientato e bagnato: di colore, straniero e immigrato che sia e a condividere, riconciliare, gioire ed amare.




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