16-LA NUOVA COMUNITA'-La fede METODISTA, perché?-La Chiesa
LA NUOVA COMUNITA'-La fede METODISTA
Perché:Gesù ci chiama a mettere dei sandali robusti ai piedi.
Dopo la conversione, la coscienza guidata dallo Spirito si innalza verticalmente verso Dio che è colui che invece è sceso in orizzontale per portare luce e salvezza all'umanità intera e ci chiama e ci manda nel mondo.
Lo spirituale non deve diventare religiosità ma opera sociale. L'amore verso Dio si dimostra nell'esperienza dell'amore verso il prossimo. Teologia che si sposa con l'azione, messaggio e movimento, preghiera e impegno di vita come valore condiviso.
La salvezza ricevuta in dono diventa offerta solidale al fratello.
Per saperme di più sul metodismo e i metodisti:
www.metodistiverbano.altervista.org
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Simbolo della chiesa Metodista. LA NUOVA COMUNITA’ Atti 2,42÷47 |
Fatto
eclatante: la risurrezione di Gesù. I suoi seguaci sono sbigottiti,
molti ancora non credono, sono dispersi ma con fede e speranza
rinnovata. Sono felici e desiderosi di incontrarsi, di stare insieme,
condividere ogni cosa, ed essere uniti.
Lo
Spirito Santo si manifesta a Pentecoste su di loro in un modo
straordinario: un suono come di vento impetuoso e fuoco.
Parlano
in lingue, talché ognuno li ode parlare nella propria lingua natia
che presuppone l’allargamento della buona notizia della salvezza a
tutte le nazioni:
Il
Risorto è il salvatore di Dio, mandato per ogni popolo, lingua e
nazione.
Questa
storia illustra uno dei grandi cambiamenti avvenuti nella formazione
del popolo di Dio. Ricordiamone i principali.
Il
passaggio attraverso il mar Rosso:
abbandono delle capanne di paglia e fango, dalla schiavitù egiziana
e dai loro dei. Patto con il Dio dei padri, la Legge.
Tribù
itinerante e Dio che abita con la gente, sotto una tenda come tutti i
membri del popolo.
Il
passaggio attraverso il Giordano:
abbandono del deserto e delle tende, degli idoli e dei ricordi
d’Egitto. La costruzione delle case, del Tempio. Dio nel tempio in
mezzo al popolo, la tribù diventa nazione, nasce Israele, la Legge
scritta, il Patto mantenuto ma disubbidito.
Dio
si allontana, abbandona Israele, poi l’attesa e la speranza nel
ritorno di Dio, il Messia.
Ora
questo nuovo passaggio ci presenta un nuovo popolo con un nuovo
patto, non più sotto la Legge ma sotto la Grazia portata da Gesù,
non da rispettare: Dio stesso rispetterà il suo patto nonostante le
insufficienze del popolo perché abiterà nel cuore dell’uomo.
Israele
pur rimanendo popolo di Dio e agganciato all’antico patto, non
riconosce il suo Dio, il suo Re, il Salvatore che viene a lui
mansueto sopra un puledro d’asino e così muove guerra e ostilità
ai seguaci di questo nuovo patto inaugurato da Cristo riconosciuto
“Messia”.
La
nuova comunità, si stacca e scioglie poco alla volta i legami con
l’ebraismo e il Tempio Santo di Gerusalemme. E’multietnica e
formata da uomini nuovi, rinnovati dalla presenza dello S. Santo in
loro e con loro. E’intenta a costruire la sua nuova identità che
si deve rapportare al nuovo patto, attraverso regole e prassi
semplici e spontanee a cui tutti si uniformano in tutta volontà e
libertà.
Le
riunioni e gli incontri avvengono nelle case dei credenti e ogni cosa
è in comune.
Lo
S. Santo provoca lo sviluppo della comunità, la protegge dalle
ostilità, aggiunge quelli che sono sulla via della salvezza
prendendoli dal vecchio popolo e da tutti i popoli e sostiene la loro
fede.
Attorno
agli apostoli, gli amici intimi di Gesù, avvengono molti prodigi per
opera dello S.S..
Tutti
i credenti sono uniti nonostante le diversità e rispettano i due
grandi mandati: fate
questo in memoria di me,
La
Santa Cena,
nelle case sparse per le nazioni che riflette la premura di Dio di
condividere e il desiderio di Gesù di stare insieme a chi non lo
merita: Giuda il traditore, Pietro discepolo incoerente, poi gli
indifferenti, i moralmente discutibili come le donne, e tanta altra
gente strana. Cosa che non può rimanere sotto silenzio o passare
inosservata. Quindi andate
dunque ammaestrate tutti i popoli battezzandoli
(Il
Battesimo)
nel nome del Padre del Figliolo e dello S. Santo o nel nome di Gesù.
Per
questo sono chiamati Cristiani.
Mentre
Israele, dopo la distruzione del Tempio per opera dei romani, viene
disperso completamente fra le nazioni.
Il
testo riporta il 3° punto:
Perseveranti nelle preghiere.
Gesù
ha insegnato a pregare e ad avere un nuovo senso di spiritualità che
si deve rivolgere a Dio, chiamandolo Padre e indicandolo come il
creatore di tutte le cose, assegna all’umanità un rapporto di
uguaglianza reciproca, tutti re e sacerdoti. Nei suoi racconti e
nelle parabole evidenzia il suo amore per la natura e gli animali: ne
fa similitudini con il regno di Dio. Invita i suoi seguaci a tener
conto delle sorgenti d’acqua con le cascate provenienti dagli alti
monti innevati, dei pozzi, dei campi coltivati: imbiancati dalle
spighe di grano, o dai bei filari di vigne potate tutte a giusta
misura.
Queste
dovrebbero essere le nuove cattedrali, i luoghi dove elevare a Dio le
preghiere e i canti: le grandi vallate di mare d’erba, le foreste
distese con ancora alberi secolari. Poi le oasi e i rifugi per la
fauna, soprattutto quella in estinzione, i fiumi, i laghi, il mare
con tutti i suoi abitanti e l’aria: il cielo con tutti gli alati.
Gesù ci invita a percorrere la terra con i piedi, gli occhi ed il
cuore e fare della nostra vita e dell’ esperienza una vera lode,
un’adorazione al Grande Architetto e Creatore che ci da la vita
attraverso tutto questo.
Come
è cambiata la cristianità oggi: non si rompe il pane nelle case con
semplicità, amicizia, con cuore, neppure si battezza per le strade
del mondo con facilità ed allegrezza insegnando l’evangelo, e
nelle riunioni di ricordo c’è la liturgia e le preghiere solo del
sacerdote.
Tutto quello che
vediamo di straordinario ma naturale quando percorriamo la terra lo
riteniamo come dato per scontato :
non come maestria del Grande architetto.
Diamo
più importanza alle molte chiese, nelle
piazze
delle città, troppe con troppa diversità e poca unità. Sono stati
costruiti nuovamente templi, e cattedrali maestose, opulente e
ricche, con guglie che si innalzano al cielo.
Senza
nulla togliere alla genialità degli architetti che le hanno
costruite e agli eccellenti pittori che le hanno abbellite e senza
contare la fatica umana, il tempo, la sofferenza dei costruttori.
Dentro
queste basiliche metropolitane, diventate esclusivamente mete
turistiche, il semplice vi si perde e il peccatore ne è allontanato.
Dio
dov’è? Non certamente in questi nuovi alti
luoghi
edificati dagli uomini per il loro prestigio e potere da riversare
sui sottostanti fedeli!
Dov’è
la vera adorazione in Spirito
e verità,
quella che il Padre richiede?
Dov’è
finita questa spiritualità senza impalcature e sovrastrutture umane?
Dio
è presentato così distante da raggiungere, che il cammino
demoralizza, specialmente il portatore di handicap e il malato:
mentre il povero e l’umile ne è scandalizzato.
Gesù,
il suo insegnamento dove lo abbiamo confinato?
Eppure
è venuto nel mondo per i poveri, i peccatori, i malati, per i più
deboli, le donne e i bambini. Ci dice che vive in queste persone, nei
loro contatti, nelle manifestazioni dei loro sentimenti, negli
affetti, negli scambi dove c’è bisogno di solidarietà, di aiuto
reciproco, dove si trova gioia ed esultanza nell’incontro: tra
uomini di etnie diverse, con la natura, con la creazione tutta.
E’qui
dove c’è la lode vera, l’adorazione.
Possiamo
fermarci, allora e tornare un po’ indietro? Gesù ha pianto sopra
un Tempio che sarebbe andato distrutto con tutta la sua religiosità.
Ha chiamato l’umanità a costruire un edificio interiore,
spirituale che si eleva a Dio: personale e poi comunitario con gente
dissimile, popoli, lingue e nazioni diverse, nella visione di una
vera comunione tra le popolazioni, di collaborazione reciproca, di
amicizia, di cooperazione internazionale e di mutuo soccorso per
sconfiggere i veri grandi nemici: la fame, la povertà, le malattie.
Dio
aspetterà che ci adeguiamo e ci uniformiamo oppure ci farà fare un
nuovo passaggio?
Se
già non sta iniziando nella sponda opposta alla nostra!
La
chiesa è l’assemblea dei santi nella quale si insegna con la
preghiera a conoscere il Padre, a praticare l’evangelo nella sua
semplicità e purezza e dove si amministra il battesimo e la Santa
Cena che per la reale unità sono atti più che sufficienti per
determinare il credente.
Certo,
bisogna abbandonare nella mente e nel cuore i templi, come quelli che
vediamo nelle nostre città, i riti, le cerimonie anche piene di
fanatismo, li avete presenti? Ancora certi sacramenti istituiti per
la tradizione degli uomini, che l’uomo poi non riesce a portare.
Fatti
che hanno creato questa lontananza da Gesù: Dio in terra, uomo tra
gli uomini.
Durante
i secoli invece quel Gesù nudo sopra una croce è stato ricoperto,
adornato, abbellito, arricchito come lui non è. E’ stato
imprigionato in case a dismisura che lui non aveva ne voleva. Sono
stati creati e si creano ancora percorsi materiali e pseudo
spirituali per poterlo trovare, mentre lui percorre le strade
impolverate di Gerusalemme e del mondo per cercare ed accogliere chi
si smarrisce.
Occorre
svalutare e allontanare tutte quelle differenze e diseguaglianze
umane che sono state create e che dominano la vita di ogni credente.
Ritornare
ad una sola fede, un solo battesimo, un solo Dio Creatore e Padre di
tutti, riconoscerne la sovranità e non trasformarlo in un idolo con
le nostre presunte convinzioni.
Riscoprire
come principi della fede comune la non violenza e la ricerca della
pace, fondamenti che si ispirano alla tolleranza, alla libera scelta
e alla libertà di confessione senza fare imposizioni, senza servirsi
ma farsi servitori, difendendo l’interesse civile, pubblico e
religioso di tutti.
Il
credente nell’attuare la sua vocazione e annunciare l’evangelo
della grazia di Dio in Cristo non deve avere pregiudizi e non deve
giudicare, ma deve saper rispettare le espressioni religiose di
ciascuno, di ciascuna chiesa e vigilare sui diritti di libertà di
ogni confessione.
Le
varie chiese cristiane oggi hanno fatto una lunga strada di rispetto
e comprensione reciproca: ma ancora non basta. Tenendo presente le
vicende storiche che le hanno però determinate così come sono, non
si può pensare di risanare tutto e subito con un colpo di spugna e
instaurare nuove relazioni semplicemente ricordando e rievocando le
origini comuni.
La
situazione delle chiese, nell’etica, nella religiosità e
nell’insegnamento, differisce notevolmente l’una dall’altra, ma
neppure si può ignorare la forte spinta del popolo cristiano verso
una crescente maturità che accoglie l’eterogeneità. Cercare di
vivere il pluralismo subito e completo è difficile come cercare di
vivere subito l’amore perché presuppone uno scambio vero e sincero
tra i diversi. Scambio costruttivo tra le nostre convinzioni e la
critica degli altri.
Convinzioni
che sono radicate certamente da un passato vissuto non ancora
esaurito del tutto e la critica aperta che non è semplice senza il
rischio di essere strumentali o di essere strumentalizzati. Occorre
provare e riprovare, dialogare e comunicare per comprenderci
reciprocamente abbandonando gli impedimenti, frutto di un passato di
paura a volte oscuro e violento che ha caratterizzato le chiese, per
abbandonarsi alla fratellanza e all’amicizia.
Nessuna
chiesa può pensare di aver realizzato la totalità del messaggio
cristiano.
La
totalità può essere raggiunta, dalla diversità e dalle diverse
sfaccettature che le chiese hanno elaborato al loro interno, dalla
maturità e dalla responsabilità che allontana privilegi e vantaggi
personali per portarla verso prospettive di unicità, condivisione e
uguaglianza.
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