51-PROMESSA DI LIBERAZIONE


Giustizia e pace tra le nazioni
PROMESSA DI LIBERAZIONE
Esodo 6,2-13 Isaia 40,27-30

Il racconto dell’Esodo è il resoconto della liberazione della comunità ebraica dalla schiavitù e dall’oppressione del faraone dell’Egitto per ordine del Dio esistente e vero, nel quale Israele si interpreta come la comunità scelta e amata da Dio, quel Dio capace di fermare il percorso dei faraoni, dei re, che si credono divini, rendendoli deboli e impotenti e modificare la storia delle nazioni attraverso interventi miracolosi.

                   

Non è possibile affermare con certezza questi eventi, ne dargli una qualche connotazione storica, ma appunto qualche evento, anche se non di così grande portata, ha dato origine alla formulazione di questi miracoli che vengono interpretati con immaginazione, narrati e scritti nel periodo dell’esilio a Babilonia e tramandati dalla tradizione, assegnandogli un modello liturgico per dare o conservare l’identità del popolo in periodi opprimenti e di tirannia che altre nazioni, più potenti, come i babilonesi, esercitavano su Israele.

                            
              
               
L’identità di Israele dipende e prende forza dall’identità di Dio che è antica, già rivelata ai patriarchi. Dio ripropone le sue dimostrazioni di forza affinché sia Israele che i pagani possano sapere che Dio è l’Esistente, e possano distinguere la vera sovranità di Dio da quella falsa del faraone o di chi si considera dio.
Il vero Dio libera dalla schiavitù e assegna grandi benefici al popolo, mostra la sua capacità di modificare le meraviglie della creazione con l’obbiettivo di convincere Israele per aumentargli la fede nel solo vero Dio che può scompigliare la materia, gli elementi, e può secondo la sua volontà riportarli ad un equilibrio perfetto.

 

Dio sente i gemiti del popolo in schiavitù e si ricorda del Patto e della terra promessa ai padri. Ciò che Lo spinge ad agire è proprio la vigorosa protesta pubblica della comunità di schiavi che da voce alla sofferenza e all’angoscia che stanno vivendo.
Questo impulso iniziale, grido di sofferenza, da avvio alla liberazione.
Potenza del “lamento” della tradizione ebraica: gemito del debole e dell’indifeso capace di evocare la forza di Dio.
Dio dichiara di liberare dalla schiavitù con giudizi e miracoli tutto il popolo e Israele lo deve ricordare. Il ricordo diventa, reiterazione liturgica evento suscitatore per le successive generazioni, in altre epoche e in altri luoghi. Evento che genera energia e coraggio nelle situazioni in cui il popolo di Dio si trova nuovamente ad affrontare l’oppressione, la violenza, la tirannia.
Griderà con fermezza, ancora, e farà di nuovo appello al Dio di tutte le liberazioni.


Dio risponde: “Io sono il vostro Dio e voi il mio popolo e vi darò il paese promesso ad Abramo”, parla attraverso Mosè ad un popolo che è in schiavitù, senza speranza in nessuno ne in alcun dio e lo chiama a liberarsi perché l’Onnipotente sarà con loro.

              
Stessa cosa per il popolo Valdese ne conosciamo la storia, tra ferocissime persecuzioni, massacri subiti, esilio in Svizzera e in Germania; aderiscono alla Riforma senza rimuovere la loro identità, e con una confessione di fede (1532 Sinodo di Chanforan). Rimane un minuscolo gruppo di irriducibili (Gianavello) che si ribellano ancora alle imposizioni sabaude, ed organizzano una tenace resistenza all’interno della Val d’Agrogna chiamato il Vallone degli Invincibili. Dopo quando il re Sole e Amedeo II sono impegnati in guerra contro i regni del nord (Austria, Inghilterra, Olanda, Svezia, e Spagna), gli esiliati possono ritornare nelle Valli: il glorioso rimpatrio del 1689 capeggiato dal pastore-condottiero Henry Arnaud, si scontrano con le truppe francesi, che vogliono sbarrargli la strada, ma passano in Val Pellice e presso il castagneto di Sibaudgiurano di  conservare l’unione e l’ordine in tutte le terre appena riconquistate. Ultime persecuzioni sabaude, dopo l’editto di Amedeo II che permette ai riformati piemontesi di ritornare nelle loro valli (1690). Occorre arrivare al 1848, finalmente con le lettere patenti di Carlo Alberto che i Valdesi possono essere ammessi al godimento di tutti i diritti civili, sociali e politici. Acquistano la piena libertà religiosa soltanto con la nuova Costituzione Italiana del 1948 e le intese con lo Stato Italiano diventate legge nell’agosto del 1984. La Chiesa Valdese di oggi è l’erede di questo movimento valdese dalle lontanissime origini.













Dio chiama continuamente il suo popolo a liberarsi quando si trova in schiavitù nelle nazioni perché l'Onnipotente è con il suo popolo ovunque esso sia.

Cosa hanno in comune le nostre ricche città con l’oppressione che il faraone compie ogni giorno e gratuitamente su un popolo di schiavi israeliti; con l'oppressione dei Francesi, dei Sabaudi e dello Stato Pontificio contro i Valdesi.

 Questa storia è più simile alla terra africana che vede fuggire i propri figli da guerre e violenze, resi assetati di speranza, benessere e lavoro. Precari su imbarcazioni insicure, non si salvano dal mare, ma muoiono; anche rinchiusi come schiavi nei centri di detenzione temporanea. Soggetti al caporalato, alla tratta, al lavoro nero o neppure pagato.


     




    

Da una parte miseria e sfruttamento, dall’altra il benessere, forse neppure per tutti; ma il superfluo, l’accumulo di cose e di beni, lo spreco: si.
Questo è quello che rischia di farci sprofondare in un mare di cose inutili e di immondizia come è successo a faraone e al suo esercito.


           

 
                                                                       

Siamo chiamati, Le chiese, a non formare eserciti contro le nuove vittime. Dobbiamo, invece vedere spazi aperti, non ingombrati. Abbattere gli steccati e gli sbarramenti di cataste di detriti ammucchiate. Sapere allargare i nostri confini per poter crescere, aprire brecce e squarci che permettano di vedere oltre: estensioni sicure per accogliere in pace, con equità e giustizia, il nuovo che ci viene incontro. 
                                

Quel vuoto che non riusciamo a riempire, nonostante tutto quello che abbiamo, e che rappresenta la nostra ricerca di eterno, dovrebbe farci tendere la mano affinché qualcuno possa afferrarla. L’altro può colmarci, può rialzarci, può liberarci. Insieme possiamo rimetterci in piedi, riconoscendo di essere caduti, tutti, e per questo ritornare a fidarci di Dio che ancora una volta chiama a liberarci.

   
                        

Forse quello che sta accadendo agli elementi, alla natura, saranno mica avvisi di Dio per il mondo? Chi riscoprirà la parola profetica di Dio, “libérati, io sono con te”.
Libérati dall’egoismo, dalla prepotenza, dalle discriminazioni, dall’ipocrisia.
Non siamo stati lasciati soli con una fede che si lamenta e immatura, Dio riafferma la sua promessa in ogni tempo, “io sono con voi tutti i giorni“. Il passaggio e il deserto; l'esilio, le alpi e le valli valdesi saranno da capovolgimento; quello che è accaduto per gli egiziani e per i valdesi sta accadendo nel Mediterraneo ai popoli africani: FIDATEVI! 
Mosè parla al popolo ed il popolo non ascolta. Mosè non vuole andare direttamente da faraone. Allora Dio riparla a Mosè ed Aronne e li comanda ad andare dal popolo e da faraone per liberarli.” Dio parla ad Henry Arnaud e lo fa condottiero del popolo valdese.



Dio in persona, non senza difficoltà e resistenze, prima in Mosè, poi in tutto il popolo, riaccende il desiderio di una terra di libertà, buona, dove scorre il latte e il miele e c’è equità e giustizia.
Dio esprime la ferma volontà di intervenire nella storia per salvare e liberare, e opera potentemente secondo la sua parola e libera il popolo: tutti i popoli, abbruttiti chi dall’oppressione, chi dall’opulenza e dalla vanità, colpendo duramente chi ostinatamente si oppone al suo disegno.
Dio ci invita a fidarci per liberarci da queste nuove piaghe che si stanno abbattendo; oltre a quelle naturali, ci sono le incertezze del domani: il lavoro, la precarietà, le economie disastrate, la povertà in aumento, le violenze gratuite e la fragilità del vivere.

         

Dio ci chiama a cambiare, a riscoprire l’umanità di cui siamo permeati, la fratellanza, la solidarietà.
La riscoperta dei diritti umani, contro ogni tipo di schiavitù, va promossa a tutti i livelli ed è un percorso da fare insieme al nostro prossimo: alla diversità di come siamo fatti e formati: struttura, etica e cultura ma di come siamo uguali davanti al Creatore

                 
Dalla Carta Ecumenica:
Noi vogliamo impegnarci con il Vangelo per la dignità della persona umana, creata a immagine di Dio e contribuire insieme come chiese alla riconciliazione dei popoli e delle culture. Ogni essere umano può scegliere liberamente e secondo coscienza la propria appartenenza religiosa ed ecclesiale. Ci impegniamo a difendere i diritti delle minoranze. Sul fondamento della nostra fede cristiana ci impegniamo per un’Europa umana e sociale, in cui si facciano valere i diritti umani ed i valori basilari della pace, della giustizia, della libertà, della tolleranza, della partecipazione e della solidarietà.
Ci impegniamo a migliorare e a rafforzare la condizione e la parità di diritti delle donne in tutte le sfere della vita e a promuovere la giusta comunione tra donne e uomini nella chiesa e nella società.

                   

Insistiamo sul rispetto per la vita. Sull’opzione prioritaria per i poveri, sulla disponibilità al perdono e sulla misericordia. Ecco, Io sono con voi!

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