47-TEMPO DI VENDEMMIA, L'UOMO CHE AVEVA DUE FIGLI, UVA, VITI, VIGNA-Sequela

LA VIGNA, L'UOMO E I FIGLI

 L'UVA E I TRALCI
LA VITE E L'UVA











                                                    L'UOMO CHE AVEVA DUE FIGLI Matteo 21, 28÷32

Questa parabola di Gesù, subito ci fa venire alla mente quella del Padre amoroso o Figliuol prodigo: il figlio diligente e quello svogliato.
Il testo, è molto chiaro: la parabola è indirizzata per insegnamento alla classe religiosa del tempo, ma anche ai suoi discepoli. Ma forse anche ai religiosi di questo tempo e quindi anche a tutti i credenti della chiesa passata e futura.
L’uomo è un padre ed il Padre è Dio. I figli sono due: due modelli di figli che, dopo averli messi al mondo; da loro un' educazione, un’istruzione ma anche una individualità, una personalità, e la libertà con responsabilità. Una famiglia, certamente con differenze, ma anche somiglianze con il Padre che ciascuno deve assumere nella propria maturità, perché: il Padre non comanda come un padrone o un datore di lavoro; non da ordini a degli schiavi con dei capi o dei sorveglianti perché eseguiscano perfettamente l’ordine.
Parla di persona ai suoi figli, non impone, ma assegna un incarico di fiducia.
Desidera dividere il suo lavoro con i propri figli, che vuol rendere responsabili.
La vigna non è soltanto del Padre, ma è anche la vigna dei figli.

IL GUERCINO
La vigna nell’A.T. è il luogo dove si incontra Dio, un luogo da preparare, custodire e lavorare; richiede lavoro, tempo, cura, fede: luogo di impegno e di fatica, ma anche di promesse future e frutti.
Per Molti però diventa luogo di inciampo, di preoccupazione: ansia e sofferenza o indifferenza: disaffezione e abbandono .
Gesù ci ricorda i cattivi vignaioli della parabola che confondono e mescolano violenza e vino, maltrattano i servitori e poi uccidono il Figlio del Padrone.
Israele è la vigna. Gesù si identifica con la vite, la buona vite. I suoi discepoli, i credenti, sono i tralci che devono essere rigogliosi, robusti e portare frutto; però possono anche essere potati per poterne dare di più.       Il punto della potatura dipende dalla debolezza del tralcio e dalla saggezza e dall'esperienza del Potatore.








Proprio su questa ambivalenza di comportamenti umani verso la vigna e verso l’ubbidienza al Padre si svela la parabola dei due figli, che sono i figli della storia, ma che sono sacerdoti, anziani, capi del popolo: la classe dirigente; ma anche i seguaci di Gesù: tutti i credenti. La vigna è il mondo, ma anche il Regno: la gente comune che ascolta la Parola è il frutto che deve maturare. I figli possono ereditare la vigna, che per essere ereditata deve essere lavorata, perché anche una negazione, nei fatti, verso il Padre a volte può essere arroganza e può allontanarla.
L’uomo dice al primo: "Figlio, va’ oggi a lavorare nella vigna". Dio dice va’, ma i figli sono tanti: andate. Parlate della mia vigna, del mio Regno, annunciate Gesù agli uomini, al mondo: del perdono che ho mandato, della pace che ho donato, dell’amore in attesa di Padre che provo, della Parola che ho diffuso fino alle estremità della terra, della speranza che si tramanda per essere donata ogni volta; perché nessuno è più utile, ne meno utile.      Se non si ubbidisce, è la fede e la grazia che ci farà lavorare ed entrare e ritrovare la vocazione dell’annuncio come impegno gratuito e disinteressato; fiducia nell‘ubbidienza ancora una volta, soltanto nel Padre, che invia e promette un raccolto di qualità ed abbondante.



















Il figlio che si converte e cambia il suo no in si, usa avvedutezza e cuore, si mette a lavorare la terra, la vigna, l’umanità, la vita. Dà ascolto a Dio forse anche un po’ inconsciamente.
Sente il sentimento di affetto sbocciare al posto di quello egoistico basato sulla disubbidienza soltanto ed intravvede la grandezza del cuore e del dono.
E’ disponibile a darsi, a donarsi, a lasciare tutto, a lavorare: sa che otterrà buoni frutti!
E’ avveduto nel rapporto con il Padre e dimostra di saperlo tenere in buona considerazione. Mette in evidenza la sua fedeltà e vuole collaborare, imparare e lavorare con Lui e per Lui. Quella mancanza, quella negazione primitiva non sarà più ricordata dal Padre che gli dimostrerà tutto il suo amorevole affetto, come al figliuol prodigo.











Il secondo figlio si comporta in modo totalmente diverso, subito dice: “vado Signore”, ma poi non fa la volontà del Padre. In cuor suo pensa: mi manda ancora a lavorare, so che non è mai contento, pretende anche quello che non so fare; è tutto tempo sprecato, voglio godermela finché sono ancora giovane e sorride: un sorriso sottile e malizioso.
Forse è il sentimento di tanti figli!
Si disinteressa di tutto, del Padre, della vigna che comunque deve essere curata e del fratello che probabilmente dovrà fare anche il suo lavoro.
Vuole divertirsi nei piaceri anche lui come il figliol prodigo, non ha nessun sentimento positivo ne prospettiva futura: non si fida del padre, si comporta male e lo disubbidisce.








Mi vengono in mente alcuni personaggi politici, senatori, guide del popolo che promettono, promettono e dopo non fanno nulla; ne operano loro, ne producono attività per gli altri.
Per i loro interessi personali negano il lavoro a livello nazionale, specialmente dei giovani, e impoveriscono l’economia di tutto il paese. A quanti operai viene negato il lavoro, un prestito bancario a un artigiano o ad un onesto datore di lavoro: usando sopruso e violenza, si macchiano di infamia disubbidienza. Come pure è violenza non accettare un lavoro onesto quando ti viene offerto o farlo male di malavoglia e disertarlo con scuse banali.







C’è chi invece fa della vigna il luogo dell’amore e dell’annuncio.              La chiesa: simbolo di pace, di prosperità e di fede: luogo di preghiera.
La comunità diventa immagine della relazione tra Dio e i suoi figli, tra Gesù e i suoi discepoli. “Io sono la vite voi i tralci, senza di me voi non avete linfa, non avete vita, non potete far nulla”.
Se dimorate in me”, sarete rigogliosi, tralci ponderosi, grappoli maturi.
Gesù lega il suo asinello alla vite, e il puledro della sua asina alla vite migliore.
Ci vuole sapienza per curare la vite: fiducia, sacrificio, umiltà. Si lavora la terra, fertile, si misura l’umidità, si guarda il Cielo, e bisogna saper guardare al futuro nella potatura.
Ci si inginocchia per poter raccogliere i frutti e ci si sporca per lavorarli.












Dio ci chiama a lavorare la vigna per farci partecipi, figura chiara della promessa: affinché andiamo e portiamo molto frutto, e il nostro frutto rimanga”.
Che frutto portano le vigne che il Signore ci ha affidato: abbondante? Noi di questa vigna siamo contemporaneamente tralci, grappoli, vignaioli. Che cosa produciamo?
Vino da servire all’agape di Dio!
Le chiese come si comportano? Vanno a lavorare nella vigna che Dio ha assegnato loro o si disinteressano delle viti del Padre: forse hanno altri vigneti personali: cattedrali e chiese maestose dove traggono profitti ed interessi privati?
I figli, le chiese che danno importanza soltanto ai loro interessi, alle cose vane e sono egoiste non fanno che allontanarsi dalla Vigna e dal Genitore.












La parabola insegna ad essere avveduti e disponibili non menefreghisti, svogliati ed egoisti!
Gesù propone una buona relazione con il Padre, come Lui ha fatto: ubbidirlo e fare la Sua volontà nell’umiltà e nella semplicità.

A chi molto è stato dato, molto sarà richiesto; e a chi molto è stato affidato, tanto più si richiederà”. Luca 12:4248

Voi, per questa stessa ragione, mettendoci da parte vostra ogni impegno, aggiungete alla vostra fede la virtù; alla virtù la conoscenza; alla conoscenza l'autocontrollo; all'autocontrollo la pazienza; alla pazienza la pietà; alla pietà l'affetto fraterno; e all'affetto fraterno l'amore.
Perché se queste cose si trovano e abbondano in voi, non vi renderanno né pigri, né sterili nella conoscenza del nostro Signore Gesù Cristo”.             2^Pietro 1:58
Perciò, fratelli, impegnamoci sempre di più a render sicura la nostra vocazione ed elezione; perché, così facendo, non inciamperemo mai.           In questo modo, infatti, ci sarà ampiamente concesso l'ingresso nel regno eterno del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo”.
2^Pietro 1:1011




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