33-A proposito di AMMINISTRAZIONI Sequela

L’AMMINISTRATORE
MALVAGIO Luca 12,45-48
Esortazione a vigilare sulla nostra vita. Primo comportamento.
Questa
parabola di Gesù è particolare: amministratore malvagio, titolo
appropriato per una persona che cura gli interessi del padrone in
modo disonesto per ottenerne un guadagno.
Questo
servitore disonesto pensa tra se, il padrone sta ritardando il suo
ritorno: forse non tornerà più e cerca di intascare il più
possibile vedendo di sfruttare i servi e le serve del padrone
affinché gli procurino più guadagni e poterseli godere: spendere e
spandere a più non posso; tanto non sono suoi.
Prima
che il padrone, se torna e mi trova mancante! Siccome so che è un
uomo duro che prende anche dove non ha messo, e miete dove non ha
seminato: non ho più molto tempo, devo racimolare il possibile e
godermela finché sono ancora in tempo.
Voglio
servirmi dei beni e dei tesori del padrone per me stesso senza
pensare a nessuno, tutto quello che è del padrone, ora è mio, mi
voglio divertire, fare festa, mangiare, bere alla faccia di quei
servitori onesti che aspettano il padrone… che non verrà.
Comincia
a picchiare i suoi servi e le serve, ingiuria, offende, critica i
suoi fratelli, maltratta e ricatta i suoi debitori, vuole subito e
tutto il denaro e fa l’avaro con colui al quale deve darne, per poi
dissipare tutto nei piaceri personali. (mangiare, bere, a dismisura e
divertimenti sfrenati).
Sa
di aver fatto del danno, ma questo non è una condanna senza appello:
tutti siamo in difetto davanti a Dio! Lui però non ha un pentimento
sincero, non ha nessun sentimento positivo ne prospettiva futura: non
vuole cambiare il suo atteggiamento, è un presuntuoso ed arrogante,
perché non si fida del padrone, perché non si fida di se stesso,
sapendo che è uomo malvagio, pensa che anche il suo padrone lo sia,
e non ne conosce il perdono, la sua
misericordia, il suo affetto.
Così
si comporta di male in peggio con malvagità verso tutto e tutti.
Il
cuore di quest’ uomo è malizioso e perfido: pensa degli altri ciò
che vede in se stesso, e in questo si condanna. Comportamento da puro
egoista: prepotente, senza considerazione dell’ingiustizia e della
sofferenza che può procurare alle persone, della demolizione dei
beni degli altri e del valore che possono avere per la comunità, la
società, la città.


Questi beni che ci sono sulla terra neppure li possiamo trattare senza un’attenta valutazione come beni comuni, che servono a tutti e servono per una vita valida e di qualità
Il
testo, è molto chiaro: la parabola è indirizzata per insegnamento
ai discepoli, ma anche a tutti i credenti della chiesa futura che
aspettano il ritorno del Signore e si comportano chi in un modo, chi
in modo opposto.
Rendete
conto di tutto il vostro operato annuncia Gesù ai discepoli e alla
chiesa.
Rendete
conto della fede, della parola che vi ho trasmesso, del perdono che
vi ho portato, dell’amore, della speranza che vi ho messo nelle
mani, dell’affetto e della simpatia che vi dovete dimostrare, della
cura dell’ambiente in cui vivete: affinché tutti ne abbiate in
abbondanza.
Beni e tesori da donare ad altri che non sono ne migliori ne peggiori di voi ma che con voi condividono la vita. Non sperperateli, non nascondeteli, sono preziosi a voi e agli altri.
Comportatevi come se il padrone stesse arrivando: come vi troverà?
Oggi succede la stessa cosa, alcune persone quando sanno che possono non avere più padrone, si sentono padroni loro stessi e fanno quello che vogliono.
Beni e tesori da donare ad altri che non sono ne migliori ne peggiori di voi ma che con voi condividono la vita. Non sperperateli, non nascondeteli, sono preziosi a voi e agli altri.
Comportatevi come se il padrone stesse arrivando: come vi troverà?
Oggi succede la stessa cosa, alcune persone quando sanno che possono non avere più padrone, si sentono padroni loro stessi e fanno quello che vogliono.
Anche
loro però sanno che prima o poi dovranno rendere conto del proprio
operato iniquo. Allora si comportano ancora con più viltà. Non
dimostrano più rispetto per il padrone, per le cose che possiede e
producono sofferenza ai lavoranti dello stesso padrone e li
discriminano, li inquisiscono, facendo loro violenza, malvagità,
danni, per farli essere loro stessi mancanti.
Che comportamento disonesto e malvagio! Non rispettare la terra, l’umanità, la vita.
Che comportamento disonesto e malvagio! Non rispettare la terra, l’umanità, la vita.
Mi
vengono in mente alcuni personaggi politici: parlamentari, guide del
popolo che per i loro interessi personali stanno compromettendo la
società e l’economia di tutto il paese.
Hanno
sempre la ragione dalla loro parte, non si interrogano mai, ne si
ravvedono del male che fanno alla città, alla nazione. Sfruttano i
cittadini e li convincono che loro sono i migliori e che quello che
fanno è per il loro benessere.
Dio invece dice: rimettetevi i debiti gli uni agli altri.
Dio invece dice: rimettetevi i debiti gli uni agli altri.
Qual
è invece quel servo fedele e avveduto a cui , il padrone che è Dio,
da autorità su tutti gli altri domestici per poterli far vivere
degnamente?
Queste
parabole sono per i discepoli o per tutti?
Noi
come dobbiamo essere?
Dobbiamo
essere avveduti e disponibili oppure offensivi e pieni di giudizio
verso gli altri?
Le
chiese come si comportano? Trasmettono adeguatamente i tesori che
Dio ha assegnato loro o li sperperano: o li tengono nascosti nei
forzieri delle loro cattedrali chiuse e ingiuste, disponibili solo
per se stesse?
Gesù
con questa parabola cerca di spiegare che bisogna sempre avere una
buona relazione con il prossimo: sia che sia ricco, un padrone o
povero, un lavorante.
Invita
a conquistarsi degli amici, con forza, di qualsiasi nazione essi
siano.
Vuole
il rispetto della natura tutta, perché questo è fare la volontà di
Dio: mentre dare importanza al denaro, alle cose vane e non
rispettare l’altro è allontanarsi da Lui.
L’AMMINISTRATORE
INGIUSTO Luca 16,1-8
Secondo comportamento.
Amministratore infedele,
sembrerebbe un titolo, riportato postumo, non esatto, piuttosto sarebbe preferibile
ingiusto. Questo servo curatore comunque viene accusato. Si sparge la
voce che questo servo non cura bene gli interessi del padrone.
Il
ricco signore interviene e chiede perché di questa amministrazione
fraudolenta.
Il
curatore è con le spalle al muro, non può più scappare, accetta il
giudizio, si sente mancante, e si riconosce in quello stato.
Se
avessi avuto fede... pensa: non mi sarei trovato in questo guaio.
Se
queste sono le mie opere: non avrò merito alcuno.
Mi
sono servito dei tesori del padrone per me stesso senza pensare agli
altri, a distribuirli, a condividerli, sono stato avaro ed egoista su
quello che non è mio, sono servito a poco.
Il
padrone mi ha lasciato ancora un po’ di tempo, vedrò di poter
rimediare.
Non
c’è sgomento in lui, né paura, solo constatazione di ciò che è,
ma anche di cosa sarebbe voluto essere. Forse pur provandoci, non ha
potuto essere quello che voleva.
Comunque
gli errori sono suoi.
Cerca
un modo per porre rimedio alla disubbidienza verso il padrone.
Usa
l’intelligenza e la scaltrezza previdente, concreta. Pensa… e
ragionando si ricorda di non essere solo. Si rende conto che gli
altri esistono: fino ad ora lo avevano interessato poco, nei
sentimenti, negli affetti, nell’amicizia, ed ora potrebbero
aiutarlo se li facilitasse.
Cerca
una prospettiva futura facendo opere buone: dei favoritismi oggi ad
alcune persone per ottenere favori futuri, per se stesso, domani.
Rischia
forse, ma ha davanti soltanto ancora due strade.
La
fiducia, la fede ancora una volta, soltanto nel suo padrone, sa che
non sarà sufficiente.
Usando
coraggio e cuore, rimette in parte i debiti che altri lavoratori
avevano nei confronti del suo padrone.
Si
assume in pratica il debito più grosso: lui sarebbe stato comunque
debitore.
Sapendo
di essere mancante cerca almeno di alleviare i debiti agli altri
servitori che sono nelle stesse sue condizioni.
Comportamento
nobile se si pensa all’egoismo umano, quell’egoismo così
materiale e personale che vorrebbe protrarsi anche oltre la morte:
là, in cielo, come in aereo, non si possono portare valigie pesanti.
Così
gli averi che rimangono sulla terra neppure li possiamo trattare
come fa Mazzarò nella novella “La roba” del Verga che
prende a calci le cose, gli animali e bastona i suoi lavoranti
perché sa che deve morire.
Oggi
succede la stessa cosa, alcune persone quando sanno che stanno per
perdere qualcosa, o sanno che dovranno morire, non hanno più
rispetto per le cose, le persone e producono sofferenza, malvagità,
danni e morte.
Leggiamo
sui quotidiani che ci sono persone che si drogano e dopo piantano le
siringhe infette sulle spiagge per contagiare anche altre persone.
E’
d’attualità, ne è stata infilzata una sotto la sedia di un tram e
una persona si è bucata.
I
malati di AIDS, che sapendo della loro malattia e del danno che
possono procurare, non esitano comunque a contagiare il proprio
partner.
I dittatori sapendo che avrebbero dovuto lasciare il loro potere
perché il popolo non voleva più sottostare alla loro tirannia, hanno scatenato guerre civili, fratricida, mandando a
morte migliaia di persone.
Quanto
è diverso il credente, specialmente quando sa che deve rendere conto
del suo operato, quando è vicino alla sua dipartita.
E’
disponibile a dare, a donare, a lasciare tutto, a rimettere: sa che
avrà di meglio!
Gli
altri certamente rimarranno ancora debitori, ma il debito è stato
dimezzato.
Più
facile è il pagamento quando la somma è più vicina all’estinzione
del debito.
Questo
fattore dimostra così di non essere ne egoista, ne avaro: avrebbe
potuto tenere per se il denaro, magari falsificare i conteggi,
ricattare i suoi debitori, fare l’usuraio.
Sa
invece rimettere i debiti che gli altri hanno con lui e con il suo
padrone.
Rispetta
questa regola fondamentale che il padrone gli ha dato:
“Perché
se voi perdonate agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste
perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonate agli uomini, neppure
il Padre vostro perdonerà le vostre colpe.”
Matteo 6:14,15
Risulta
così facendo: avveduto nel rapporto con il suo prossimo.
Dimostra
di saper dare un buon valore ad un rapporto affettivo, di amicizia,
di comprensione, di accoglienza, di amore con i suoi simili.
Sceglie
un rapporto spirituale al posto di quello materiale basato sul
denaro.
Mette
in evidenza la sua fedeltà in queste piccole cose e serve, anche se
con delle mancanze, ad un solo padrone, il suo: colui che gli
chiederà conto, ma di cui conosce il perdono, la sua misericordia,
il suo affetto.
Il
testo, è molto chiaro: Il ricco signore è Dio, la parabola è
indirizzata per insegnamento ai discepoli, ma anche a tutti i
credenti della chiesa futura, quella chiesa che in tutti i suoi
ministeri è l’amministratrice, di tutto quello che Gesù ha loro
affidato…ci ha affidato.
Affinché tutti siano chiamati e tutti siano eletti. Allo
stesso modo la chiesa non può più pensare di essere la sola al
mondo come se fosse la sola realtà umana di valore agli occhi di
Dio.
In
questa parabola le viene chiesto di adoperare il cuore e
l’intelligenza: di usare benevolenza al posto della
colpevolizzazione, grazia al posto del giudizio, saper
sdrammatizzare, aiutare, saper farsi degli amici in ogni parte del
mondo soprattutto quando sappiamo possano avere dei debiti nei nostri
confronti e in quelli di Dio.
Saper
andare in questo mondo ad elargire senza condizioni la giustizia, la
pace e l’amore fraterno. La grazia che annunciamo a noi e al mondo
è il tempo in cui la chiesa può riprendere coscienza, riconoscere i
suoi errori, ritrovare la vocazione dell’annuncio, gratuito e
disinteressato.
Abbandonare pensieri e programmi di autogestione e riconsiderare la sovranità di Dio.
Abbandonare pensieri e programmi di autogestione e riconsiderare la sovranità di Dio.
La
chiesa al di fuori del compito che Dio gli ha assegnato, sa fare ben
poco, è incapace e inutile se non si impegna nella sua missione,
come l’amministratore.
In
questo mondo dove tutto si calcola, si compra e si contratta: deve
sapere evidenziare i segni della gratuità. In questo mondo ferito
dalle guerre, straziato dalla disperazione e dalla fame per aprire le
porte della concretezza, della solidarietà per una speranza comune,
sapendo che non tutto è vano, non ci sono solo debiti e condanne per
l’umanità: ma anche misericordia, perdono e l’aspettativa del
regno.
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Voi,
per questa stessa ragione, mettendoci da parte vostra ogni impegno,
aggiungete alla vostra fede la virtù; alla virtù la conoscenza;
alla conoscenza l'autocontrollo; all'autocontrollo la pazienza; alla
pazienza la pietà; alla pietà l'affetto fraterno; e all'affetto
fraterno l'amore.
Perché
se queste cose si trovano e abbondano in voi, non vi renderanno né
pigri, né sterili nella conoscenza del nostro Signore Gesù Cristo.
2^Pietro 1:5¸8
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