125-LA VOLPE E IL LUPO: LADRI

    Favola: LA VOLPE E IL L UPO - LADRI
Morale sul Ladrocinio

Antica favola dei nonni in provincia di La Spezia. Forse attinta da favole precedenti, modificata e rivisitata da nonna Iole che forse non si ricordava la favola completa. Trasmissione orale ai nipoti con morale.

C. Collodi: Pinocchio (i ladri, il gatto e la volpe)
Esopo: La volpe e l'uva-La volpe e il corvo-A lupo! Al lupo!-Il lupo e il cane.                        Scrittore greco antico-Prosa-Saggezza popolare con morale.
Fedro: Il lupo e l'agnello- Il lupo e il cane-Allegorie vizi e virtù dell'uomo.
            Scrittore latino romano-Poetiche, brevi e varie in verso poesia latina con                    morale. Sentimenti di amore, vergogna o angoscia nell'uomo e nella donna.

Luogo e personaggi:
San Venerio, nome dell'eremita che ha vissuto in questi luoghi. 


 San Veneo d'i fighi”. “Chi è n' ta nostra peifeia”. La Spezia, Italia.

'N tei de San Veneo se 'n te meti er dialeto spezin inbastardì cor toscan en mezo all'italian, se 'n te scangi e docce, se 'n te modifichi 'i articoli e se n' te meti 'a erre d'o te v'e.


La nonna Marieta e nonna Iole – le racconta storie e indovinelli.
La volpe e il lupo– primi attori: i ladri.
I contadini – Manzanecche e Pisacani, personaggi campestri prudenti e furbi.                                               “Er contadin, scarpe grosse e cerveo fin”

C'era una volta, raccontavano le nonne ai nipotini, in un tempo non molto lontano, in un paesino abbastanza vicino, nella collina tutta coltivata con il bosco colmo di vegetazione e macchia sul lato sinistro.

Le nonne e Poghetin

Si vedeva un magnifico panorama delle Alpi Apuane con il monte Sagro, innevate d'inverno e del golfo dei poeti, mare agitato dal vento di libeccio. In lontananza, al largo nel mare, le tre isole della Capraia, Gorgona e la Corsica nelle giornate limpide col vento di tramontana. Tre quelle più vicine nel golfo: la Palmaria, Tino e Tinetto.


Nel paesino, molti ancora parlavano il dialetto spezzino, c’erano ancora le gattaiole alle porte e queste, moltissime, non avevano la chiave nella serratura. La serratura e le chiavi erano però indispensabili nelle cantine dove veniva custodito tutto il cibo e il bere per l'inverno quando faceva freddo. Anche queste avevano la gattaiola, il gatto vi entrava per prendere quei topolini di campagna che abitavano le cantine e si nutrivano sopra tutto di formaggio, cereali e olio.


La nonna Iole, mamma del babbo di Poghettino/a, e nonna Marietta, ora, troppo diversamente giovane, non poteva più lavorare i campi per ricavare frutta e verdura dall'orto. Non poteva più mungere la pecora e la capretta nella capanna per procurarsi e portare a casa il latte per maneggiare e fare la ricotta e il formaggio. Depositarlo nella cantina fresca e asciutta, dove veniva conservato tutto il necessario per continuare a vivere.
Lei, raccontava le favole e gli indovinelli la sera davanti al camino acceso.                Le caldarroste saltavano nella padella con i buchi per fare entrare il fuoco sottostante. Durante le serate invernali, quando faceva freddo.
Sceglieva di raccontare la storia del momento, per quello che era accaduto nel paese e fare una morale per i nipotini.
A ghe né sento en ta mente de fa’ole da contae.
Fate trasportae en sto mondo fatà per sognae.
Riencia e stache con ‘a fantasia er tempo e ‘a libertà.


Nel bosco vicino colmo di vegetazione e macchia mediterranea, abitavano in tane nascoste: la volpe e il lupo. “I se sentivo i maesti d' à giornà d'anche'”. Il freddo incalzava e loro erano digiuni da più di tre giorni: o mangiare o soffrire. Sapevano che nel paese c'erano le cantine degli abitanti piene di cibo succulento. Avevano la serratura, ma anche la gattaiola.


Decidono di comune accordo come tra due compari, di saccheggiare la cantina del contadino più vicino al bosco e fuggire di fretta. Arrivano nel paese, la cantina era a vista. Decidono di passare dalla gattaiola. Il buco era stretto a portata di gatto e il lupo e la volpe erano più grandi e robusti. Per entrare il lupo cercava di spinger forte la volpe, purtroppo facendo rumore.
La volpe che era più magra, non riusciva ad entrare. Comunque mise la testa dentro e vide tutta la grazia di Dio, bene accatastata e ordinata.
Frutta e verdura da conservazione come la salsa di pomodoro. Il vino dove gli adolescenti schiacciavano l'uva 'n ta  mastela nel mese della vendemmia.                   
Gli uomini nel periodo freddo legavano le viti coi cavezi.





L'olio macinato con le ruote di granito e 'n ter torcio de Barani nel paese, alla raccolta delle olive. Le castagne sotto la sabbia per conservarsi e fare le caldarroste nel braciere, bagnate con la vineta: prodotto macinato del raspo dell'uva, annacquato che piaceva molto ai bambini.
Il pane cotto nel forno comunitario nella piazza del paese.                                            Pagnotte rotonde lievitate, preparate durante le feste popolari dell'anno in corso.


Formaggi: latte, manipolato dai contadini per formare piccole e rotonde forme di ricotta e pecorino. Miele e frumento per la farina.
Salumi appesi alle travi, macellati, confezionati e insaccati: alcuni contadini possedevano anche un maiale.
Una fonte d’acqua purissima, ristoratrice, piena di minerali proteici, sgorgava a poca distanza dal paese.


Arrivava direttamente dal passo di Beverone, e dalla quale il paese attingeva acqua a volontà, per tutte le famiglie. L'acqua all'uscita si divideva dalla bocca per entrare nel pozzo e riempirlo: non mancava mai, serviva per bere e conservare nella cantina per almeno una settimana. Con il secchio si attingeva l'acqua. Scendeva e saliva lasciando cadere gocciole. Qua l'è
quella cosa che la va su ridendo e torna su piansendo, esponeva l'indovinello ai nipotini.


Dividendosi l'acqua entrava e riempiva er tregio dove le donne andavano a lavare i panni, sopra la grande pietra di arenaria inclinata per fare scivolare l'acqua sporca che fuoriusciva verso il canaletto ormai lepegoso: parola che non si trova in italiano corrente perché formata da scivoloso e viscido contemporaneamente.                          I due troppo pieno: fori di uscita dell'acqua pulita e quella sporca dal lavaggio con la cenere per pulire e imbiancare i panni, si riunivano e scendevano verso valle nel canaletto.  Ai bordi crescevano i bambù non autoctoni e i cavezi che servivano dopo essere sommersi nell'acqua per diversi giorni, diventae flessibili e podee legae la vigna en ter periodo giusto per tenee sospesa l' uva da tera.                                    Del resto tutto era in ordine e armonia.                                                                        Veniva turbata la quiete quando certi manigoldi facevano irruzione. I malandrini hanno sempre un complice che fa loro da palo per non essere scoperti.
La metafora veniva allungata da nonna Iole per far passare il tempo e far conoscere meglio ai nipotini, con la tradizione orale: saggezza e cultura, etiche e morali in uso dalla comunità che abitava il paese. Mansaneche, omo coa qualità d'o' contadin aveva sentito il rumore comprese quello che stava accadendo.                                    Si era piazzato dietro la porta per non farsi vedere.


Aveva un bastone in mano e colpì in viso la volpe. Trattenne il respiro dal male per la bocca colpita, l'a ne gidò dar doloe e indietreggiò. Al lupo che spettava fuori, per pareggiare i conti disse tenendosi la mano alla bocca: va avanti te che a me scappa da ride. Il lupo poco accorto non se lo fece ripetere due volte e introdusse la testa nella gattaiola. Un'altra bastonata violenta colpì ora il lupo nel viso che indietreggio dal dolore. E i se convinse a ritiasse. Scappò nella tana nel fitto bosco di castagni: la volpe sempre dietro.


Passarono alcuni giorni per medicarsi e leccare le ferite. La fame si faceva ancora più intensa e concordarono un'altra volta di ritornare in paese. Scusa n' momento, poi a repiemo a d' andae a rubae. Visitare un altro contadino: Pisacani, con la cantina piena di cibo. Decidono di entrare dal foro nella porta che era più grande perché il contadino possedeva un cane che era deceduto: aveva molti anni. Era una cagnolina, bassotta con il pelo lungo e gli faceva da guardia, per non fare entrare i ladri. Entrarono questa volta tutti e due e cominciarono a mangiare di fretta e in abbondanza. L'ea tanto chi avevo vogia d'e 'na scorpacià de cibo, talche si riempirono e cominciarono ad ingrossare.


La volpe più furba del lupo, ogni tanto si misurava con la grandezza del foro per non diventare troppo grossa e non poter passare. Il lupo ingordo non si accorgeva di nulla. Anche questo contadino: Pisacani cominciò a sentire dalla cantina rumori sempre più forti. Immaginando cosa stava accadendo: i eno entrà i ladri e i veno portae via e provviste. Prese il bastone che aveva più a portata di mano: una grossa scopa di stipa gigante. Con il tronco si costruiva il manico e con i rami la scopa. Le radici ancora oggi servono per costruire pipe di lusso.

Il contadino sceso in cantina cominciò a fare girare la scopa in aria colpendo i due furfanti nel corpo e nella testa. Tanto i van la gorpa er lupo ar lardo chi ghe lassan lo zampin.
La volpe, l'animale più scaltro del bosco, dopo er primo corpo der contadin scapò dal buco velocemente: ci passava bene. Il lupo che era ingrossato molto più della volpe, prese più che un colpo nel corpo: passò dal buco a forza di scopate.
Uscì fuori e dalla paura e disorientato prese una strada sbagliata e si ritrovò in un vasto e lungo campo in salita.


La volpe sempre dietro di lui. Il lupo si lamentava per le ferite subite dalle quali perdeva sangue. Anche la volpe si lamentava, diceva di aver preso un colpo alla testa che gli e aveva fatto uscire il cervello. Non poteva camminare e faticare nella salita che avevano di fronte. La volpe si dimostro più scaltra del lupo.
In realtà la volpe era riuscita a rubare una ricottina che mise sulla testa per far credere al lupo la sua peggiore condizione ed ingannarlo. Disse al lupo poco perspicace per i colpi subiti: sto quasi per morire e non posso stancarmi. Il lupo compassionevole e stordito, pensò, l'amalà l' è tanto grave.
L' è bastà n'à ricotina, per fae vede che er cesveo i' è ussi frantumà. Disse alla volpe di salire sulle sue spalle che con fatica l'avrebbe trasportata fino alla loro tana. La volpe canticchiava contenta una canzone che aveva aveva sentito cantare dalla nonna Iole.
Ari là su pe' l'pian che il malato porta il san” “Ari là su pe' l'pian che il malato porta il san”. Dicendo al lupo che lo faceva per rasserenarlo e affievolire i dolori nella sua camminata.


Arrivarono alla tana: la volpe sana e il lupo tutto ammaccato.
La volpe bugiarda e contenta continuò a mangiare la sua ricottina. Il tempo non mancava e i nipotini contenti sgranocchiavano con i denti le mondine abbrustolite.
La favola terminò: la nonna aveva controllato il tempo. Ora tutti a letto con er saso de arenaria scaldato al camino e messo sotto le coperte per scaldare il letto freddo per la temperatura invernale interna alle case. Il camino non riusciva a riscaldare tutte le stanze. I nipotini a letto sotto le coperte calde continuavano a pensare alla favola sognandola. La nonna invece pensava alla vita reale e ai lupi umani che vivevano all'ombra nelle città del paese: Italia.
L'uomo lupo o la volpe è presente in tutti gli umani senza distinzione di genere.
Il lupo avido e la volpe più furba del prossimo: per ingannarlo.


Occorre tenerli a freno bloccati con intelligenza e con il proprio cuore .

MORALE: Individuare i furbi, maestri infingardi del paese. Ladri abituati a rubare e al malaffare continuo. Seguiteranno a farlo con tutti, anche verso i loro amici.                      Non fidarsi è meglio: occorre impedirlo!


Denuncia di un parlamentare alla camera dei deputati per il gioco politico tra potere e malaffare: ladrocinio di economie e beni continuo, agli onesti contadini o cittadini.

Ricordare, rispettare e conservare la tradizione culturale del luogo di provenienza: saggezza indigena popolare che ha molto valore, dove le ruberie non sono contemplate.

                           Caa me Speza, cai ogni bon spezin.








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