103-Fuga di Elia nel deserto-TENTAZIONE, Liberazione

TENTAZIONE, LIBERAZIONE

Fuga di ELIA nel deserto 1^ Re 19,1-8


In questo racconto apprendiamo che quello che Elia ha commesso: uccisione dei profeti di Baal è stata una azione che il Signore non gli aveva comandato, ma una sua libera scelta. Per gelosia, cercando di difendere Dio, come spesso è avvenuto nel passato biblico di uomini di indubbia fede, ha commesso un errore che non avrebbe dovuto fare.
Si trova ora a dover fuggire nel deserto per la reazione della regina nemica Izebel, votata alla vendetta contro di lui per l’eccidio che ha commesso.
Sentendosi in colpa, e non scorgendo un aiuto immediato da parte dell’Eterno, è in preda a un senso di vuoto. Colto da depressione, vaga nel deserto, ed è un perdersi in questa terra desolata, con la smania di lasciare tutto dietro di se. (LA TENTAZIONE)


Pensa: a nulla è servito quello che ho fatto, dice: io non valgo più dei Padri, sono respinto come il popolo. Sfida Dio con il desiderio di morire nel cuore, dice basta a questa vita, a questo Dio che chiama e poi ti lascia solo. L’uomo sbaglia e da a Dio la colpa.
La stanchezza di Elia è subentrata per lo sforzo a fare più di quello che Dio gli aveva richiesto, per questo gli mancano le energie, il cibo essenziale. Ora dove cercarle?

Dio risponde sempre!
Dove cerchiamo le nostre, quando sbagliamo?
Dio sostiene sempre chi chiama, anche quando commettiamo errori!
Quando pensiamo che Dio non si cura di noi, è quando invece ci porta in braccio:
Dio interverrà nella nostra solitudine, nella nostra stanchezza e nella denutrizione. (NELLE NOSTRE TENTAZIONI)
Quando siamo nella disperazione, ogni persona che ci da conforto: visi sconosciuti, stranieri, o donne, come la vedova di Serepta; per noi sono angeli mandati da Dio.


Significativo nell’incontro è il tocco la parola: sbrigativa ma di incoraggiamento e di vita. Come farà Gesù con gli infermi, senza discriminazione ne alcuna distinzione:
alzati e mangia…, Io lo voglio, sii sanato…alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina”.

Questo episodio ci afferma che tutti possono essere persone che portano aiuto, un angelo o un beduino di passaggio, ma altrettanto possono essere persone bisognose sia di cibo materiale che di quello spirituale e che hanno bisogno di comprensione, di una mano amica che rialza, di una parola compassionevole di fraternità e amicizia che da speranza.


Dio aiuta contro i nemici, aiuta per trovare degli amici.
Il nutrimento come prima cosa, poi l’accoglienza, la disponibilità ad aiutare, o a lasciarsi aiutare. La consapevolezza di essere sullo stesso percorso: forse il deserto accomuna, la terra arida dove tutti abbiamo bisogno di nutrirci al pane e dissetarci alla bevanda di Dio.
Possono essere le città del nostro tempo, affollate ma deserte di spiritualità e di Dio.

Il cibo, per tutti nel deserto o nelle città è Dio che lo procura e la vita dipende soltanto da Lui. Che importa, se il vero pane che discende dal cielo o la cena del Signore, bevanda e pane, l’essenziale per la vita: la relazione con Dio, ti viene offerta da un uomo o una donna, oppure da uno straniero o un diverso.
Tutti, chi più chi meno siamo soccorritori, a volte, o abbiamo bisogno di aiuto, altre volte.
Il 2° tocco del soccorritore dimostra appunto che è Dio che da la forza di proseguire il cammino e per moltissimo tempo.
Ma per continuare secondo la sua Parola; ossia diventare testimoni e soccorritori a propria volta, bisogna essere nutriti per non essere sconfitti.


La seconda occasione deve essere piena di coraggio, la vocazione con una fede rinnovata e con la consapevolezza della presenza costante di un Dio che si è rivelato, anche se non completamente ma che è presente e vivente.
Dio ha speranza su Elia, gli porta un segno di pace e di riflessione, lo rinfresca alla poca ombra di una ginestra, lo nutre costantemente con un cibo che lo sazia per tutto il suo lungo cammino, fino a portarlo al monte di Dio. I due incontri sono strumenti, convincimenti per condurlo dove vuole: verso il monte Horeb, di Mosè, della sua Parola.

Ascolto e contemplazione

La guida di Dio, nascosta, è sempre li sino alla fine, anche per noi, anche quando tutto è difficile, quando non se ne riconosce la presenza. Sapersi accontentare della presenza di Dio e di quello che ci rivela: saper non andare oltre, come appunto ha fatto Elia sbagliando.
Dio vuole ricondurlo a Lui, vuole ristabilirgli l’equilibrio, la fede in colui che lo ha chiamato e vuole continuare a farlo. La parola di Dio lo riporta alla sua missione, e lui si confessa, si scusa direttamente con il Signore pur sapendo che Lui conosce ogni cosa, ma che ascolta ogni suo figlio: sa ascoltare il suo sfogo, e il perché della sua azione sbagliata: della nostra.


Il cammino nel deserto sarà lungo, bisognerà apprendere ancora da Dio, ritornare alla sua fonte, al suo cibo: percorso spirituale, dei Padri, del popolo, dei profeti; anche Gesù lo ha percorso: qual è il nostro percorso? Dove ci vuole condurre il Signore?
Dio ha speranza su di noi! Ma ogni generazione deve ritornare alle acque per dissetarsi, nutrirsi, ed acquisire responsabilità. Non fidarsi soltanto di se stessi, della tradizione, o del consenso delle persone attorno, perché sarà per breve tempo: se non c’è il consenso tangibile e diretto di Dio tutto sarà inutile. Elia ora lo sa! E noi?


E oggi? Chi chiama oggi, chi sa svegliare oggi con il tocco, delle mani, il servizio, e con la Parola? Chi chiama al discepolato, chi qualifica in modo nuovo e chi invia a compiere servizi, gesti nuovi, consacrati. E’ ancora Dio a riconvertirci, ogni volta e a mandarci ad annunciare l’Evangelo, la Buona Notizia della salvezza, della grazia di Dio.
Chi se non ancora Dio stesso ma attraverso la comunità, la chiesa, fatta di uomini e di donne che si servono del tocco delle loro mani e della Parola delle loro labbra per rispondere con efficacia alle necessità delle città. Questa e la nostra resilienza.  


  

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