38-Parole PROFETICHE per OGGI-Profeti e profezie

PAROLE PROFETICHE PER OGGI


 




IL VASAIO Geremia 18,1-3 

Il profeta Geremia, come ho già detto, viene mandato da Dio ad annunciare scontri tra grandi potenze per convincere nazioni e regni alla giustizia, alla pace e alla parola e alla verità dell’ Eterno, pena grandi distruzioni. Non vorrebbe essere profeta di sventure ed allora chiede aiuto a Dio perché confuso, spaventato, nutre perplessità ed è dubbioso su tutto.
Trova risposta alla sua disperazione nelle parole che il Signore gli rivolge e gli comanda di recarsi nella casa del vasaio.



L’immagine che Geremia ci presenta di Dio, non è quella a cui siamo abituati e che Gesù ci ha presentato. Ci espone un Dio distante, distaccato che simpatizza poco col suo popolo: un Signore autoritario che comanda.
Questa metafora segna il rapporto che c’è tra Dio e l’umanità, Lui e’ lontano e ha una visione diversa dalla nostra, ma in Lui non c’è confusione, come possiamo avere noi nei rapporti e può esprimere questo giudizio su un popolo disubbidiente e contraddicente.




I due vasi, uno in disfacimento e l’altro che si abbellisce sotto le mani del vasaio rappresentano il popolo contaminato e pieno di ingiustizia, che si destreggia tra la fede in un unico Dio e i vari idoli muti, ciechi e veramente tirannici, delle nazioni attorno a lui.
Le rivelazioni, le visioni della Parola di Dio, per Geremia, non sono gratificanti, niente di entusiasmante, anche se si intravvede una rinascita forse in un lontano futuro.
Le parole causano angoscia, dubbi, riflessioni, una Parola che giudica, non quella che accarezza e accoglie di come siamo abituati.
Che immagina Dio vicino, che gli da del tu, lo chiama Padre.




Il vasaio, l’argilla, sono rappresentanza, similitudine a Dio e alla creazione.
Dio con l’acqua e con l’argilla crea un uomo a sua immagine e somiglianza e gli assegna il libero arbitrio, dall’uomo forma la donna e gliela affianca per riempire la terra.
Più avanti sceglie un uomo e una donna per dare vita ad un popolo, (Abramo e Sara) Israele, che ama e che investe di responsabilità della Sua conoscenza per se e per tutte le nazioni. Gli conferisce un’etica e un’ubbidienza; un percorso da attuare insieme sulla terra per il suo bene e l’emancipazione sua e di tutti i popoli.





L’uomo ha usato male la sua libertà ed il popolo non è fedele ne ubbidiente al suo Creatore. Dio ha fatto una cosa che si guasta?
Oppure Dio attende pazientemente che questo essere, maturi, abbellisca, prenda responsabilità: come il pittore aggiusta il suo quadro e lo arricchisce ogni giorno con una pennellata fino alla sua compiutezza, come l’architetto controlla e aggiusta la pietra d’angolo affinché tutta l’impalcatura regga.
A volte l’artista ridipinge il quadro se non gli piace, ma il dipinto rimane lo stesso e la costruzione prende meglio la sua forma.


Marc Chagall

Analizziamo questo dualismo che il Signore illustra a Geremia: scomporre e costruire, come il vasaio, fare e disfare, smontare, abbellire e ripresentare?
Genialità della capacità di fare di Dio, del movimento (Soffio, Vento, Spirito), della sua energia che modella, nella ricerca del bello, dell’arte, come una cura che Dio ha del suo operato, della sua creazione.
Nell’ideologia, tutta umana, del crescere che è positivo, e del disfare che è negativo, troviamo l’antitesi: per Dio, il disfare è palingenesi della sua opera che si vedrà compiuta soltanto alla fine, come per l’opera dell’artista, dell’architetto.




Consideriamo ora la terra e la creazione che Dio ha affidato all’uomo e alla donna, ovvero la nostra opera nel mondo, come un vaso nelle nostre mani. Lo plasmiamo, lo abbelliamo, stiamo agendo bene, siamo a salvaguardia dei popoli nella bellezza della diversità delle razze, siamo custodi della natura, della sua multiforme varietà?
O stiamo inquinando, deturpando eliminando e uccidendo!

Non si può accettare sempre il desiderio di costruire, di incrementare in un progresso continuo, accumulando macerie e spazzatura. Dove ci porterà? Qual è la crescita vera?
Il disfare quello che l’uomo ha fatto e compiuto sul territorio, può essere anche crescita?
Il considerare di aver aggiunto troppo, di aver costruito troppo e con materiali non biodegradabili, di aver impastato e ammucchiato pietre e coloranti, fatto scorie e immondizia radioattive: non sarà troppo?




Non bisognerà ritornare un po’sui nostri passi, ritornare all’origine?
Dio ci assegna un tesoro in vasi di terra: il vaso e il suo contenuto, importanti tutti e due.
La terra, la flora e la fauna e il suo ambiente, i mari e i suoi abitanti, l’uomo e il suo interiore, il sociale e il personale, i popoli e la loro politica ed economia, l’etica, la religione.
Rovinato, rifatto; nobile, ignobile, crescita, decrescita: cos’è per l’uomo? Cos’è per Dio?
Quello che conta è lo Spirito che ha generato: il vaso, l’uomo, il mondo sia all’esterno che dentro deve esser formato.



La risposta alla confusione e al dubbio, al vaso fatto male, a quello fatto bene, tutti e due nelle mani di Dio: è la speranza che non è nella forma ma nell’intento, nell’energia e nella cura del vasaio, del pittore, del Grande Architetto.

La demolizione non è arrivata fino alla fine, ma l’argilla morbida può essere plasmata ancora; riprendere forma migliore, il quadro può essere rigenerato, l’uomo ha bisogno di essere rinato e il popolo deve essere interamente affinato, dall’amore del Padre che suo Figlio ha donato.
Tutto questo rappresenta il presente che se pur nella distruzione e nel disfacimento generale e morale è un invito a continuare a farci plasmare e a sperare.
Nella vita quotidiana Dio, con Gesù, ci propone quella distanza che si è avvicinata: in ogni salvezza effettuata c’è un nuovo essere riconquistato.



Gesù ci ha abituati a dare del tu a Dio stesso e Dio stesso ci da del tu in Cristo.
In Gesù c’è la salvaguardia della libertà di Dio che è in movimento, ed è libero di stare dove vuole, fare ciò che vuole e rigenerare chi vuole: lascia morire il figlio che è senza peccato per salvare l’umanità e perdonarci per l’eternità.
Quest’affermazione della distanza, però, ci mette in crisi, e ci esorta alla cautela quando usiamo la sua Parola. 
Quando la adoperiamo, dobbiamo farlo con cura, non fargli dire quello che vogliamo, ne prenderla come pretesto.
La creatura ingrata spesso dice: 
"se ci ha fatto così, perché si lamenta ancora!"

Questo testo non deve diventare difesa per auto scusarsi e non sentirsi in colpa, ma deve portarci ad assumere ulteriore responsabilità sia personale che di chiesa.
Dio stesso interviene nel nostro personale e nella comunità, per riportare il diritto, la giustizia, e la pace, come Lui vuole e come Gli piace.


In questa rappresentazione del vaso e del vasaio dell’antico testamento, ma anche nel nuovo con l’apostolo Paolo, ancora una volta Dio rivendica la sua distanza dall’uomo:
"le mie vie sono più alte delle vostre, e i miei pensieri più alti dei vostri pensieri".
"I vostri sogni non sono i miei sogni". Io so quello che ho sognato per voi!
Per essere onesti noi dobbiamo riconoscere questa distanza, anche se oggi la compensiamo. Questo deve obbligarci a vivere in modo più veritiero la nostra condizione che ci fa conoscere che dobbiamo vivere come persone che sono amate dal Padre e che fanno fronte alla vita come qualsiasi altro essere umano: questo è il nostro essere adulti e responsabili.
La Parola che Dio rivolge a Geremia, e quindi a noi, non è indolore, e non si appiattisce con la religiosità che l’uomo può aver costruito, e non può essere monopolizzata, ma è Parola che annuncia è compiuto e ripropone il ricordo: ricordatevi di me.
Non costruisce all’infinito, non riempie il troppo pieno e non spezza la canna piegata, ma riconduce: il tempo, il momento, l’energia, il sentimento: quello di Dio che è immutabile, che riconquista e ripropone la creazione per farla nuova.
Dio non ci ha abbandonato; ma mantiene la sua libertà, la capacità di fare o disfare a suo piacimento ma sempre per il bene e per amore di ciò che ha creato.





VENTO


 LE PAROLE DI DIO Geremia 15,16-18

Geremia, profeta dell’Altissimo viene chiamato in una visione ad esercitare il ministero profetico. Giovane, poco esperto e poco eloquente ma mandato da Dio che ha toccato la sua bocca e gli ha ispirato parole divine per convincere nazioni e regni alla parola e alla verità dell’Eterno. Le parole profetiche per quelle nazioni e per quel periodo sono dure, di distruzioni, di sconvolgimenti ma anche di ricostruzioni e di rinascite. Informato che si sarebbe urtato con forte opposizione contro i capi, i sacerdoti, il popolo, e sebbene l’odio dei suoi concittadini sarebbe aumentato poiché annuncia la rovina della sua patria, non abbandona mai il suo ministero.
Il peso di queste parole gli strappa lacrime amare e il desiderio che non sarebbe mai voluto essere nato. Smaschera l’ipocrisia dei religiosi, esorta alla dirittura e all’integrità, ma i suoi sforzi in vista del bene comune sono condannati a fallire.

Geremia-Donatello
Non ha una vita comoda: senza famiglia, senza amici, spesso in carcere, abbandonato in una cisterna dove deve morire; trova consolazione e comprensione soltanto presso il Signore. Costretto a rifugiarsi in Dio, impara la responsabilità personale, la fede, la costanza e la speranza e ci insegna in modo sorprendente la profonda comunione che ognuno di noi può avere con Dio.
Esorta il popolo, quindi noi, ad ascoltare le parole dell’Eterno a ritornare con tutto il cuore a Lui, ad ubbidirlo perché è la prima condizione per un rapporto di fiducia e di alleanza.

Geremia-Antonino Raspanti
Le parole che divora parlano della corruzione che c’era poco prima della caduta di Gerusalemme. Racconta la presa e la distruzione della città, la condizione deplorevole dei sopravvissuti, del massacro di innocenti. Geremia però parla anche del Messia, di un’alleanza irrevocabile; annuncia un nuovo patto. Per tutto questo assomiglia un po’ a Gesù, e infatti, Gesù nella Purificazione del tempio cita Geremia.

Dio parla a Geremia, e lui divora le sue parole, le fa scendere fino in fondo al suo intestino per poterle assimilare e digerire. Tutte le informazioni arrivano al suo cervello, sono elaborate, memorizzate. Tutto penetra nel suo interno, lo purifica e diventa parte preponderante di se stesso. Influenza la sua vita, ed egli si fa guidare da quella Parola che lo istruisce: gli da forza e autorità, ma altrettanto lo condiziona.
La Parola condiziona tutto il suo corpo, il suo stato d’animo.
Le cose gioiose, come quella del saper essere stato scelto da Dio, di sapere che lo Spirito è entrato a far parte di lui, anche se con misura e nel tempo: lo rendono felice, allegro.

Geremia-Moretto
Dio però non lo ha investito soltanto per portargli sicurezza e felicità, ma per dargli responsabilità, ed assegnarli un compito preciso: testimoniare di Lui su quella parte di terra dove c’è il suo popolo che ha preso un’altra strada e per questo si è attirato addosso tanta sofferenza, malvagità, paura e morte. Queste cose lo spaventano, si sente impreparato, impotente, solo. Sa di aver fatto tutto quello che doveva e poteva fare, ma di fronte all’ineluttabilità degli eventi catastrofici si sente pieno di dolore, di indignazione, perduto senza possibilità di speranza umana. Lui continua a sperare e ad avere fede nell’ Eterno degli Eserciti perché sa che sarà con lui per salvarlo e per liberarlo.


L’eterno ha fatto udire la sua voce a Geremia, ai Profeti e noi sappiamo perché voleva che parlassero al suo popolo che si era allontanato dal suo patto, aveva disubbidito e seguito altri dei. Aveva tollerato l’ingiustizia, procurava male e sofferenze ai bisognosi, produceva odio e guerre tutt’intorno: Dio ha usato la voce di Geremia per la salvezza del suo popolo.



Dio ha fatto udire la sua voce anche a noi, perché?
Sta scritto: “Ogni uomo che ha udito il Padre viene a me”. Giov.6,45
Se le nostre orecchie saranno state attente alla voce del Padre, scopriremo il Figlio ed ascolteremo e seguiremo le sue parole.
Ascolteremo parole di perdono, grazia, riconciliazione, amore, ma non soltanto queste perché Lui ci porta a considerare tutto quello che ci circonda ed il prossimo.
Dio ci informa sui gemiti di questo mondo, le sofferenze dei bambini, la violenza sulle donne, la persecuzione dei nostri fratelli, le guerre che ancora persistono.
Alcuni popoli muoiono, sono nella penuria, mentre altri sono nell’agiatezza, nello sperpero, nelle gozzoviglie, nella lussuria. Ci ha responsabilizzato sullo stato dell’umanità e sulla natura.
Ci prospetta le angosce, la morte delle persone senza averlo conosciuto, la durezza di cuori impenitenti, il giusto giudizio di Dio per un mondo pieno di ingiustizia, di odio e di guerra.






I quotidiani, la televisione riportano:
  • Un marito uccide la propria coniuge e fa strage dei figli.
  • Dei bambini vengono usati dalla violenza di pedofili in una scuola.
  • Le donne sono sempre di più oggetto di stupri e violenza specialmente nelle città più progredite.
  • Ci sono migliaia di migranti che dall’Africa accedono alle nostre coste, sotto i morsi della fame, della povertà, senza lavoro: muoiono affogati nel Mediterraneo.
  • Morte e distruzione con le guerre, poi la prigionia, la tortura, in molte altre nazioni, l’odio del razzismo e le faide anche tra fratelli.











Cosa è cambiato dai tempi di Geremia? Ci sono ancora dei profeti che denunciano gli abusi, l’iniquità, la violenza? Noi cristiani siamo chiamati proprio a questo: quanti siamo nel mondo? Poi i musulmani e gli Ebrei che dicono anche loro di possedere la parola di Dio. Come ci stiamo comportando tutti su questi temi di priorità assoluta?
Come ai tempi di Geremia, le orecchie delle persone sono sorde all’avvertimento, ciechi agli avvenimenti.
Quando sarà che sapremo confessare la nostra mancanza di amore, solidarietà, di condivisione tutti insieme? Specialmente noi cristiani ci siamo purificati poco alla voce della parola di Dio. 


Per noi quella parola è Gesù, la sua vita, la sua parola, la morte, ma soprattutto la risurrezione: la sua potenza.
La riconciliazione, la pace che Gesù ci ha portato abbiamo saputo attuarla poco.
Non abbiamo saputo aprire la porta del nostro cuore alla sua vita e al nostro prossimo.
Eppure, Gesù è entrato per la porta dell’intimo, come voce interiore.
A te o Signore è piaciuto abitare nell’intimo” Vi hai portato la voce della libertà, della verità, della pace, parole di salvezza, perdono, amore all’umanità intera e alla natura.


Dio ci ha parlato, ci ha comunicato, ci ha informato ci ha promesso e portato salvezza; ci ha preparato e ci prepara per l’età che viene.
Ci ha dato inoltre il mandato di comunicarlo agli altri, con la nostra voce sostenuta dal suo Spirito: ci dice parla al cuore degli uomini, dei tuoi fratelli.

Qual è la nostra parola per l’umanità? Che tonalità adoperiamo?
Minacciosa, come certi predicatori del passato che non venivano ascoltati?
Non siamo più ai tempi di Geremia.
Ma neppure possiamo usarla debole, senza forza, inoffensiva?
E che parole usiamo? Parole dure di giudizio, o parole d’amore, di perdono, di comprensione, di accoglienza.
















E’ molto importante saper controllare le nostre parole anche nelle tonalità della voce, e negli atteggiamenti della nostra persona.
Come Gesù siamo la parola di Dio per gli uomini, per i fratelli, una voce persuasiva e autorevole che arriva al cuore!

A diversità di tempi e di luoghi Gesù ha pronunciato frasi sapienti, convincenti, concrete, positive, di perdono: diventate storiche e così importanti da essere citate anche da non credenti. Soltanto in pochi casi ha pronunciato parole dure e di giudizio, verso dei religiosi pseudo possessori di verità.
Gesù è l’esempio di parola e di vita per tutti. Noi siamo chiamati a seguire questa Parola e questa vita e quindi a potere e a dovere parlare al mondo.
Questo è ciò che Dio vuole da noi.
Andate per tutto il mondo e predicate l’evangelo ad ogni creatura”. Mar.16,15

Marcia della pace


















Le parole sono il nostro primo atto d’incontro, di accoglienza, di uguaglianza con gli altri.
Gesù ci dice nella parola che dobbiamo rendere dolce il frutto purificando il cuore e porre il fondamento delle nostre parole e delle azioni sulla roccia che attraversa i secoli: la Parola di Dio.
Imparare a ridurre i nostri atteggiamenti difensivi, i nascondimenti, le contrapposizioni, le diversità di religiosità, di tradizione, di lingua, di razza, di sesso.
Imparare a come trasmettere parole gentili, osservazioni sicure, consigli preziosi a tutti e farlo diventare un’abitudine.
Sviluppare bene il dono della parola (preghiera, lode, evangelizzazione, consolazione, pastorato, dottorato). Dio ci ha parlato e ci ha dato la voce proprio perché potessimo parlare al prossimo, al mondo. Occorre diventare abili e capaci in tutta onestà e verità, affinché le nostre parole non rimangano inascoltate.


Sapere essere equilibrati ma sicuri valutando il tempo e il luogo dove poterla lanciare e donare e a chi.
Avere affetto, dimostrare benevolenza, spandere parole buone per gli altri, avere buoni rapporti con il prossimo; ed essere contraccambiati: questo ci da franchezza.
Questo è Evangelo! Questo è evangelizzare!
Questo è adempiere il mandato, ( andate e predicate ): è dare gloria a Dio con la nostra voce, con la nostra vita.
Questo è la nostra parola per l’umanità!

Contemplare DIO e parlarne all'altro/a

Commenti

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  3. Purtroppo, anche noi come hai tempi di Geremia..siamo diventati sordi e ciechi davanti al peccato..che il Signore ci aiuti a ritrovare quei sentieri antichi che seguivamo all'inizio della nostra conversione..

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