45-RICERCARE il Regno di Gesù, IL SEME E IL LIEVITO

IL SEME E IL LIEVITO Matteo 13,31÷35





Gesù sta insegnando a molte persone: a volte usa le parabole o le similitudini per fare comprendere meglio chi ascolta, altre volte, come in questo caso, per non far capire ai suoi oppositori quello che vuole rivelare ai suoi discepoli.
In queste due similitudini del Regno dei cieli, il Maestro fa riferimento ad un seme molto piccolo: la senape e al lievito per fermentare la pasta.
Il seme della senape è un minuscolo granello che non sviluppa in un grande albero, come Gesù espone: ma è un arbusto di modeste dimensioni, e il lievito, fermenta la pasta, ma quanto basta.
Immagini non molto appropriate, forse una contraddizione?
No. Gesù usa immagini che sembrano un paradosso, perché non riesce a trovare una similitudine appropriata: quella che fa è la migliore.
Il Regno dei cieli non assomiglia a nulla di terreno: nessuna pianta, nessun lievito può esprimere ciò che non conosciamo, di cui sappiamo molto poco, e probabilmente è inesprimibile con qualcosa di terrestre: una cosa piccolissima che diventa smisurata, di dimensioni enormi, sulla terra non esiste.
Gesù vuole che i suoi discepoli imparino ad usare la fede, quella che trasporta le montagne, che ti fa camminare sul mare, che immagina e vede che ogni cosa è possibile a Dio:
che è onnipotente e può anche trasformare un minuscolo seme in un albero gigantesco; dove possono trovare rifugio tutti gli uccelli del cielo, dal colibrì all’aquila reale, dal più grande al più piccolo.
Il Maestro presenta il Regno come il luogo dove trovano casa tutti i figli e le figlie di Dio, di tutte le lingue, nazioni e tribù di tutta la terra, dal più piccolo al più gigante essere umano, che hanno solcato la storia: grande più di quanto immaginiamo.












Il Regno è paragonato e ci ricorda il grande albero della vita.
Gesù parla un linguaggio del suo tempo per cercare di spiegare quello che è venuto a fare: il suo messaggio rivela la salvezza di Dio per l’umanità.
La predicazione del regno, è quanto di più piccolo esista sulla terra, scandalo per gli ebrei religiosi che credono in un Dio autoritario e vendicativo e pazzia per i sapienti gentili che credono che il cielo sia governato da molti dei antropomorfi.
Gesù, figlio di un’umile fanciulla e di un semplice falegname, nato in una mangiatoia, definito per scherno, alla sua morte, re del più piccolo popolo della terra: compie, dal punto di vista umano, l’opera più insignificante per un uomo ma soprattutto per un Dio:
morire come un peccatore su una croce.



Tutto questo vale anche per i suoi seguaci: piccoli uomini chiamati dal popolo comune e mandati a predicare l’evangelo della salvezza di Gesù al mondo.
Poi la chiesa, le persecuzioni, la predicazione molto spesso inefficace, le cattedrali e i templi costruiti per vanagloria, le opere e il potere esercitato e che esercita: non sono altro che un granello di polvere calpestato dalla storia delle nazioni e dai grandi uomini del mondo.
La religione predicata e praticata, definita: oppio per i popoli.
I suoi predicatori, preti e pastori: braccia tolte all’agricoltura; così dice la gente.














Verrà un giorno, però, ci prospetta Gesù, che ci troveremo nel Regno del Padre e ci sarà condivisione e una casa per tutti: il più piccolo sarà il più grande, la pazzia sarà assorbita dalla sapienza e i meno istruiti del regno saranno i più saggi e ci sarà ordine ed equilibrio.
Gesù vuol mettere in evidenza l’estensione del suo Regno, la grande quantità di pasta che il lievito ha sviluppato, pane e cibo in abbondanza che può raccogliere tutti: grandi e piccoli; l’albero della vita piantato ai lati del fiume dell’acqua della vita per guarire e nutrire tutte le nazioni.



La potenza del regno è l’amore: La parola di Dio è stata fatta carne e dalla sua bocca escono cose occulte fin dalla fondazione del mondo: non si vede ma si sente il suono, dolce e sommesso che passa, ancora oggi da una bocca all’altra.
L’amore, così poco considerato dagli uomini; il più insignificante di ogni realtà umana, il meno considerato dei sentimenti e delle emozioni: sostituito, specialmente ai nostri giorni, da droghe ed eccitazioni varie.
Esso però cresce ed ingrandisce attraverso l’affetto, l’amicizia, la solidarietà che gli uomini hanno compiuto e compiono ancora verso l’umanità, la natura e verso Dio: destinato a non vedersi ma ad ingrandire sempre di più il Regno.



I nostri occhi e i nostri orecchi, offuscati dai bagliori e dai suoni di questo mondo contaminato ne percepiscono soltanto un vago e localizzato pulviscolo di granelli: incapaci di vedere e immaginare il soffio che muove le foglie del grande albero della vita, di sentire il rumore della pasta che è lievitata nei secoli e si è estesa fino alle estremità della terra.











Per comprendere queste parabole occorre avvicinarci per mezzo della fede a Gesù, Lui ci sta permettendo di vedere e di realizzare il Regno su questa terra, se lo vogliamo; soltanto sulla base dell’uguaglianza e della giustizia, dove ognuno avrà il suo posto giusto e tutti insieme gusteremo la pace ed il Regno.
Da qui nasce la nuova visione, la capacità di ascoltare Gesù, e vedere con i nostri occhi, sentire con le nostre orecchie, la miseria e i lamenti dell’umanità.
I nostri sensi: strumenti parziali e imperfetti, ma supportati dalla fede, ci faranno intravvedere la speranza che trasforma, che ci manda ancora verso l’esterno, nella città ad annunciare il Regno di Dio dove c’è posto per tutti, dove c’è equità e fratellanza.












Queste parabole hanno certamente influenzato la nostra visione e la nostra vita.
Ci fanno riflettere ora sulla nostra società, ma anche sulla visione che ha Gesù di come essa è nel suo Regno, dove per il Padre tutti sono figli e figlie, con relazioni paritetiche tra tutte le sue creature, dove uomini e donne sono consapevoli e responsabili in una rete armonica, interconnessa e solidale, dove l’amore prevale su tutto ciò che lo vuole escludere:
Dio è amore.
La parola di Gesù ci chiama a questa considerazione, ci rilancia e ci spinge alla sua grazia che deve essere condivisa per formare una grande comunione globale.
La capacità di vedere quello che Gesù ci illustra e sempre la fede che ha la speranza di veder realizzate le cose promesse: vedere cadere il male, la malvagità e la violenza che si oppongono alla venuta del Regno, perché sulla terra purtroppo ci sono ancora gli uccellaci che vogliono mangiarsi il buon seme.



Il Regno viene attraverso l’eclissi di quello che oggi abitiamo e viviamo, se siamo disposti a cambiare ed abbattere le vecchie idee ed ideologie egoistiche e prepotenti e predicare e annunciare a tutto il mondo la speranza di Dio.
L’unica risposta per prendere sul serio l’attesa del Regno è sempre legata alla fede:
in mezzo alle guerre, alle catastrofi, alle malvagità, all’ingiustizia, alle chiese diroccate e in crisi: cerchiamo di vivere l’affetto e l’amicizia concreta tra noi e nella città.












Gesù è il germoglio di quel seme speciale che ci chiede di proclamare ancora il suo Regno che viene: progetto di salvezza per l’uomo, e noi strumenti di questa piccola, pazza divulgazione che annuncia la redenzione di Dio.
Questo vangelo del Regno, sarà predicato in tutto il mondo, affinché ne sia resa testimonianza a tutte le genti”.
Il regno verrà, quando sarà predicato a tute le nazioni l’annuncio della Buona notizia.
Dio comunque realizzerà il suo regno nonostante noi.
Nel nostro paese siamo noi responsabili di questo annuncio, perché Gesù ci ha affidato il mandato della predicazione, testimonianza della nostra vita cristiana, ispirata dall’amore e dall’agape fraterna.

Se riempiamo le nostre esistenze di queste due sostanze: sapremmo vedere e sentire il Regno non troppo lontano da noi.





 

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